La fuga dall’Italia di Artem Uss non è responsabilità della magistratura: nemmeno il governo si era reso conto del rischio. È quanto in sintesi scrive la Corte d’Appello di Milano nella relazione inviata martedì scorso al ministro della Giustizia Carlo Nordio, che aveva ordinato un’ispezione sulla concessione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico al quarantenne uomo d’affari e presunto trafficante d’armi russo, figlio di Alexander Uss, potente governatore della regione siberiana di Krasnoyarsk e amico personale di Vladimir Putin. Artem, sospettato di spionaggio, era stato arrestato il 17 ottobre all’aeroporto di Malpensa, su mandato degli Usa per associazione a delinquere, truffa e riciclaggio: su di lui pende una richiesta di estradizione da Washington. In un primo momento, nei suoi confronti è stata disposta la custodia cautelare nel carcere di Busto Arsizio, motivata con il pericolo di fuga. Il 25 novembre, però, la Quinta sezione penale della Corte milanese gli aveva concesso i domiciliari in una sua abitazione a Basiglio (alle porte del capoluogo lombardo), sostenendo che la misura fosse “idonea a garantire l’eventuale consegna all’autorità estera procedente”. Invece da lì Uss è fuggito il 22 marzo, rompendo il braccialetto di sorveglianza.
Dalla relazione, firmata dal presidente della Corte Giuseppe Ondei, emerge che il 29 novembre il Dipartimento di Giustizia Usa chiese chiarimenti a Roma sul perché attenuazione della misura cautelare. E il 6 dicembre il dicastero guidato da Nordio rispose rassicurando sulla sicurezza della detenzione disciplinare col braccialetto elettronico, che in Italia è equiparata al carcere preventivo, precisando in ogni caso che è di esclusiva competenza della magistratura stabilire quale sia la misura più idonea. Il ministero di via Arenula, però – ricorda ancora la relazione – avrebbe potuto chiedere in qualsiasi momento l’aggravamento della misura, cioè il ritono alla carcerazione. Invece né Nordio, né la Procura generale hanno presentato appello al tribunale del Riesame. Pertanto, non essendo stata avanzata nessuna richiesta di aggravamento da chi era titolato a farlo (cioè, appunto, ministero e pg), la Corte d’Appello mai avrebbe potuto sostituire la misura in atto in assenza di violazione delle prescrizioni, chiarisce il presidente.
Sull’evasione di Uss è stato aperto un fascicolo della Procura di Milano: in base alla ricostruzione, effettuata con telecamere, tabulati e testimonianze, è emerso che il quarantenne sarebbe riuscito a lasciare l’Italia in poche ore in macchina attraverso il confine triestino, cambiando più auto e usando documenti falsi. È quindi entrato in Slovenia ed è arrivato fino in Serbia e da lì in Russia: una volta in patria ha accusato i giudici italiani di aver “dimostrato sua chiara parzialità politica” e di essere “pronti a piegarsi alle pressioni delle autorità statunitensi”. Gli arresti domiciliari dell’imprenditore, peraltro, non sembrano essere stati particolarmente stringenti: a quanto riporta l’Ansa, ha potuto ricevere in casa una dozzina di persone e ha avuto a lungo la disponibilità di ben due cellulari, sequestrati solo il 13 marzo. Inoltre, la moglie – che viveva insieme a lui – ha fatto più volte avanti e indietro con Mosca. Sembra, infine, che il braccialetto elettronico non fosse dotato di gps.