Cinema

L’esorcista del papa, Russell Crowe rifà padre Amorth: più esorciccio (trash) che esorcista

L’ex gladiatore accetta uno dei ruoli più smaccatamente al limite del ridicolo della propria carriera

Più esorciccio che esorcista. E anche Russell Crowe razzola un po’ nel trash. Nell’indossare gli abiti talari, larghi e abbondanti, del segaligno padre Gabriele Amorth ne L’esorcista del papa, l’ex gladiatore accetta uno dei ruoli più smaccatamente al limite del ridicolo della propria carriera. Gigione e guascone, battuta sempre pronta per il prete in Lambretta che gira per Roma a fine anni ottanta facendo “cucù” alle suore a passeggio, sbraitando “cazzo” di fronte ai cardinali, appoggiando la giacca sul braccio della guardia svizzera come fosse un maggiordomo. L’Amorth di Crowe è questa cosa qui, stereotipo dell’italiano simpaticamente sbruffone anche se alle prese con il maligno, sopra le righe anche in un film di genere e sottogenere. A Crowe peraltro tocca anche tutta una parentesi splatter sul finale in cui viene posseduto dal demonio e quindi gli occhi gli si riempiono di sangue, la bocca gli si allarga all’ingiù modello Roger Rabbit, e quintali di sangue arterioso pompano fuori dalla sua gola. Del resto come si può “entrare” in un horror dove il pretesto narrativo vede una mamma americana, figlia adolescente e figlio ottenne andare a vivere in un’abbazia spagnola ereditata dal padre morto? Appena gli operai – poche ore dopo il loro arrivo – chiudono pratica e cantiere del 110 ecco che il piccolo Henry comincia a gonfiarsi, torcersi, parlare da zozzone e invocare “il prete”.

Ma non il giovane curato di campagna del luogo, bensì il buon Amorth che ha appena litigato con un’agguerrita commissione vaticana che non lo vuole tra i piedi ad indagare sui posseduti, anche se lui ha il beneplacito diretto nell’agire contro satana da parte del suo superiore, il papa (Franco Nero). Amorth raggiunge da Roma San Sebastian in Lambretta (sic!), apparecchia subito la camera con medaglioni, crocifissi, stole e acqua santa, ma questa volta il demone è tosto e sostanzialmente vuole impossessarsi direttamente di lui usando la famigliola come momentaneo tramite di possessione. La vicenda si sbroglierà solo quando Amorth scoprirà assieme al curato spagnolo padre Felipe (Daniel Zovatto) i segreti dell’abbazia visitandone i sotterranei. È lì che fin dal 1475 il demonio Asmodeo si è impossessato delle anime di esorcisti e preti traviando la Chiesa nei secoli a venire.

L’esorcista del papa di fondo è un filmino rapido rapido e senza troppe pretese cervellotiche. A livello drammaturgico Julius Avery (Overlord, Samaritan) punta, scopiazzando l’intuizione da L’esorcista di Friedkin sul passato di padre Karras, sul senso di colpa di Amorth (il maligno agisce distraendo l’esorcista per non far sapere nulla di lui). Qui esemplificato in due farlocchi (cioè che nulla c’entrano con la pur reale e succosa biografia dell’ex esorcista modenese) flashback per il protagonista: l’essere sopravvissuto da partigiano fingendosi morto agli attacchi nazisti durante la seconda guerra mondiale (nel film dicono che fece parte della Resistenza dal 1942 – sic) e aver sottovalutato il caso di una splendida ragazza poi morta suicida davanti al suo naso. Del resto per Amorth si tratta di rischio del mestiere: su 100 posseduti 98 hanno problemi psichici, dice, mentre sugli altri due bisogna lavorarci su (“potrei metterci qualche minuto, qualche ora o qualche giorno”).

Una volta promosso il meccanismo ad elastico sul senso di colpa – anche per il pretino del luogo – L’esorcista del papa scorre velocissimo sulle canoniche tappe della via crucis demoniaca del sottofilone esorcistico (analisi del caso – c’è pure la tac-, difesa del demone, attacco dei preti) condito dagli oramai fiacchi segni di repertorio (le scritte col sangue sottopelle del posseduto; la camminata a ragno della posseduta sospesa sul soffitto – Friedkin la tagliò originariamente poi nel director’s cut venne rimessa, peccato) qui con una robusta manciata di splatter negli ultimi dieci minuti fatta di corpi che esplodono schizzando tonnellate di emoglobina. Amorth, insomma, potrebbe ritorcersi un filino nella tomba. Mentre gli amanti del genere sanno bene di aver visto di meglio negli ultimi vent’anni anche se in modalità low budget. Due dettagli da salvare: Luca Ward a manetta che si impegna a doppiare il divo come fosse un film da Oscar, e Crowe che ti guarda in tralice e ti fa quasi venire i brividi più lui del demone Asmodeo. Una curiosità: il film è sostenuto economicamente dal braccio produttivo senza scopo di lucro dell’università gesuita Loyola Marymount, con il rettore Edward J. Siebert tra gli executives. E a chi non fosse bastato Asmodeo sappiate che per Amorth e il sodale Felipe ci sono altri 199 (!) demoni da stanare nei prossimi sequel.