La morte del calciatore professionista tunisino, Nizar Issaoui, che si è dato fuoco dopo le accuse di terrorismo mosse contro di lui, ha scatenato proteste di piazza che hanno portato a scontri tra manifestanti e polizia nella città di Hafouz, situata nel governatorato di Kairouan, nella parte centrale della Tunisia. A darne notizia è stata l’emittente radiofonica privata tunisina Mosaique fm, spiegando che i manifestanti hanno lanciato pietre contro le forze di sicurezza che hanno risposto con gas lacrimogeni.
La vicenda che ha coinvolto il 35enne attaccante che milita nella Serie A tunisina risale al 10 aprile scorso, quando l’atleta si è recato davanti al distretto di polizia di Hafouz per denunciare un aumento fraudolento dei prezzi della frutta, ma era finito per essere accusato di presunto coinvolgimento in un atto terroristico non meglio precisato. Una situazione, quella nella quale si è ritrovato, che lo ha portato a scegliere di compiere un gesto estremo. “Volevo attirare l’attenzione della polizia sulla violazione di un commerciante che vendeva banane per dieci dinari al chilogrammo. Ma sono stato punito, mi hanno accusato di terrorismo e mi hanno coinvolto in un caso con cui non avevo niente a che fare”, affermava il calciatore nel video si Facebook, mentre diverse persone, tra cui anche familiari, provavano a dissuaderlo. Ma il 35enne ha deciso di darsi fuoco come gesto di protesta. Una mossa che gli è costata la vita a causa delle gravi ustioni riportate.
Il gesto di Issaoui non può non ricordare quello compiuto ormai 13 anni fa da Mohamed Bouazizi, giovane venditore ambulante che si diede fuoco nel governatorato di Sidi Bouzid. Quell’episodio è considerato la scintilla che fece esplodere la Primavera Araba nel Paese e che porto alla caduta del regime di Ben Ali. Oggi il Paese vive una pesantissima crisi economica, accentuata dall’onda lunga della pandemia e dalla grave siccità, il tutto in un contesto politico precario e caratterizzato dal pugno di ferro del presidente Kais Saied che un anno fa decise di sciogliere il Parlamento e assumere, di fatto, i pieni poteri.