Porta con sé lespressione di un cambiamento in atto nel mondo il viaggio del presidente brasiliano Inácio Lula da Silva in Cina, conclusosi domenica a Brasilia. Il presidente, assieme a una comitiva di circa 73 politici e uomini di affari, ha realizzato in quattro giorni lattesissima visita in Estremo Oriente dove ha incontrato Xi Jinping. Sulla via del ritorno verso il Brasile, sotto richiesta della cancelleria degli Emirati Arabi Uniti (Eau), Lula ha fatto un importante scalo ad Abu Dhabi, dove si è incontrato con lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, il presidente degli Emirati, per firmare accordi di cooperazione.

Lula non è atterrato subito a Pechino, la capitale, ma a Shanghai, dove ad accoglierlo c’era l’ex presidente del Brasile, Dilma Rousseff, nominata recentemente alla guida della Ndb, la banca di sviluppo dei Brics (l’organizzazione dei paesi emergenti, cui fanno parte Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) con sede in Cina. Nonostante l’idea dei Brics sia stata formulata negli Stati Uniti dall’ex Chief Economist di Goldman Sachs, il britannico esperto in valute Jim O’Neil in uno studio del 2001 intitolato Building better global economic BRICs, lo spirito della cerimonia d’insediamento della Rousseff non è stato propriamente a favore del sistema finanziario americano. “Perché non possiamo fare il nostro commercio supportati dalla nostra valuta? Chi ha deciso che era il dollaro?”, ha affermato Lula nel discorso d’insediamento della Rousseff alla Ndb, dove il presidente ha difeso nuovamente l’uso delle monete locali per liberarsi dall’egemonica politica monetaria del Biglietto verde, ottenuta nel 1944 con gli accordi di Bretton Woods, negli Stati Uniti, dove furono fondate la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale (Fmi).

“Non è possibile – ha incalzato Lula – soffocare le economie come sta facendo ora il Fondo monetario internazionale con l’Argentina. Il Fmi o qualsiasi altra banca, quando prestano a un paese del Terzo mondo, le persone si sentono autorizzate a comandare, a gestire il conto della nazione. Come se i paesi diventassero ostaggi di colui che ha prestato il denaro”. L’economista Rousseff nel suo discorso ha fatto capire come sarà la sua politica di gestione alla Ndb, in cui dal 2021 affluiscono fondi provenienti dagli Emirati Arabi Uniti, Bangladesh, Egitto e Uruguay. Con una popolazione complessiva di oltre 3 miliardi di persone e un Pil di oltre 25 trilioni di dollari, i Brics sono in una posizione unica per aprire la strada verso lo sviluppo di un mondo prospero e uno sviluppo condiviso da tutta l’umanità”, ha affermato Rousseff.

Il presidente cinese Xi Jinping ha accolto Lula e Rosângela da Silva, la First lady venerdì il 14 aprile in una solenne cerimonia nella piazza Celeste a Pechino. I due presidenti hanno poi proseguito il protocollo in un colloquio riservato. Secondo la stampa cinese, i due leader hanno parlato anche del conflitto russo-ucraniano, in cui hanno convenuto che “il dialogo e il negoziato sono lunica via duscita praticabile per risolvere la crisi ucraina”. Lula e Jinping hanno firmato 15 accordi che coinvolgono entrambi i governi. Inoltre, sono stati siglate altre 20 intese commerciali tra aziende ed enti pubblici brasiliani e cinesi. Gli accordi riguardano scambi commerciali, finanza, agro-business, tecnologia, cultura, comunicazione e turismo. La visita di Lula in Cina sigilla nuovamente la relazione preferenziale del Brasile con il suo più importante partner economico, dopo il conflittuale rapporto avuto dall’ex presidente Jair Bolsonaro con Pechino. La Development Bank of China presterà 6,5 miliardi di reais a Brasilia e il ministro delle finanze Fernando Haddad ha affermato che il governo brasiliano “vuole reindustrializzare” il Brasile con il “sostegno degli investimenti cinesi”.

Haddad ha anche precisato che non ha alcuna intenzione di allontanare il Brasile dagli Stati Uniti. Stiamo facendo uno sforzo per avvicinarci, vogliamo investimenti Usa, ma di fatto stiamo quasi vivendo un movimento di disinvestimento. Nel passato governo, molte aziende americane hanno smesso di investire in Brasile. Ma vogliamo collaborare con questi tre principali blocchi commerciali: gli Stati Uniti, la Cina e l’Unione Europea”, ha dichiarato Haddad. Le rassicurazioni del ministro avvengono tra le tensioni nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti.

Negli ultimi anni la concorrenza per i mercati e l’influenza politica tra i due paesi si è intensificata e le due nazioni si accusano d’abusive interferenze in aree d’interesse reciproco nel mondo. Nel 2022 il segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che la Cina è l’unico paese attualmente in grado di “rimodellare” l’ordine internazionale. Lula e Xi non cercano ovviamente solo accordi commerciali, ma opportunità strategiche. Pechino vede nel Brasile un potente alleato per insediarsi fermamente in Sudamerica. Nel resoconto del viaggio di Lula in Cina, il governo brasiliano enfatizza la difesa geopolitica del Brasile a favore dei cinesi, anche nei confronti di Taiwan. Il paese asiatico è per il Brasile un poderoso partner per ritornare protagonista sulla scena della politica internazionale e cercare d’ottenere, oltretutto, il sospirato seggio permanente allOnu. “Nessuno vieterà al Brasile di migliorare le relazioni con la Cina”, ha detto Lula. Gli americani non hanno gradito le dichiarazioni del presidente brasiliano, soprattutto quelle sul conflitto russo-ucraino, considerandole “un affronto”: “Gli Stati Uniti devono smettere d’incoraggiare la guerra e iniziare a parlare di pace”, ha detto il presidente Lula prima di partire per gli Emirati Arabi Uniti. Seppure breve, l’incontro di Lula con l’emiro di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed, ha un valore simbolico, poiché connette il Brasile con la rinnovata politica internazionale dei paesi arabi, soprattutto dopo lo storico avvicinamento dell’Arabia Saudita con l’Iran, avvenuto grazie alla mediazione della diplomazia cinese. Gli Emirati Arabi Uniti sono tra i tre principali partner commerciali del Brasile e il più grande investitore del Medio Oriente nel paese sudamericano. La crisi monetaria di Credit Suisse è precipitata quando il principale azionista della società elvetica, la Saudi National Bank ha rifiutato di investire per salvare l’istituto elvetico. Il no è arrivato dopo che i sauditi hanno annunciato persino investimenti in Iran, paese considerato da Gerusalemme e Washington nemico per antonomasia, ma molto vicino a Brasilia e, probabilmente, prossimo membro dei Brics.

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