“Il popolo italiano ha saputo superare quegli anni così duri. Non lo ha fatto senza difficoltà. Le cicatrici delle profonde ferite subite ne sono il segno concreto e, spesso, tornano a far male. Non possiamo cancellare la storia o chiedere alle famiglie delle vittime di dimenticare ciò che è successo. Non possiamo restituire la vita ai troppi giovani che l’hanno sacrificata ad un’ingiusta violenza. Quello che possiamo fare oggi è tenere viva la memoria di quanto accaduto, per evitare il pericolo di ricadute e condurre l’Italia e il nostro popolo verso una piena e vera pacificazione nazionale”. Queste le parole del messaggio che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha inviato per i 50 anni dal rogo di Primavalle, a Roma, in cui morirono Virgilio e Stefano Mattei, 22 e 8 anni, figli del segretario locale del Movimento sociale italiano Mario Mattei. La presidente del Consigli ha ricordato che in quegli anni “l’avversario politico era un nemico da abbattere, erano gli anni dei cattivi maestri sempre pronti a giustificare anche il più orrendo dei crimini o a costruire false verità per coprire i responsabili, erano gli anni delle fazioni contrapposte e della delegittimazione reciproca”.
Questa mattina il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, assieme al ministro della Cultura Giuliano Sangiuliano, all’assessore alla cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor, dal vice presidente della Camera Fabio Rampelli e dal vice presidente al Senato, Maurizio Gasparri, hanno deposto una corona d’alloro e tre corone di fiori in via Bernardo da Bibbiena. Lì, il 16 aprile 1973, venne appiccato con una tanica di benzina un incendio che si propagò e raggiunse l’appartamento al terzo piano dove viveva la famiglia Mattei. Per quei fatti furono condannati a 18 anni tre esponenti dell’organizzazione Potere Operaio, ma a una sentenza si arrivò solo nel 1987, quando i tre ritenuti responsabili erano ormai fuggiti e i fatti sono definitivamente caduti in prescrizione nel 2003.
Dal ministro della Cultura sono arrivate le parole più dure, destinate a riaprire le polemiche: “Stefano Mattei aveva otto anni, io ne avevo dieci, avremmo potuto essere compagni di giochi, io ho avuto una vita, a lui invece è stata strappata in modo così violento, non ha potuto vivere la sua vita per effetto di un atto di violenza comunista, diamo i contenuti e le parole che bisogna dare. Detto questo abbiamo il dovere di chiudere il Novecento con tutte le sue lacerazioni, dobbiamo arrivare ad una pacificazione nazionale ma conservando la memoria”.
Nel solco delle parole di Meloni quelle del presidente del Senato Ignazio La Russa: “Per Virgilio e Stefano si chiedeva giustizia e non vendetta ma gli assassini, purtroppo, ancora oggi non hanno mai pagato per quello che è stato uno dei più efferati e drammatici delitti politici degli anni Settanta. Desidero rinnovare il mio sincero apprezzamento per le parole espresse in Aula dal senatore Verini così come per il gesto della sottosegretaria Paola Frassinetti che a Milano ha reso omaggio alla lapide in memoria di Iaio Tinelli. Sono parole e gesti che dimostrano che le forze politiche possono trovare un terreno comune di ricordo affinché la violenza e l’odio non alberghi più nella nostra Nazione”.
Erano stato proprio Walter Verini, lo scorso giovedì, a ricordare il rogo di Primavalle in Parlamento e ora rimarca: “È necessario ricordare per bandire l’odio dalla politica, contro il diverso, l’antisemitismo. Quegli anni e quelle vittime ce lo impongono, e oggi possiamo e dobbiamo farlo, perché il terreno comune si chiama democrazia che sta scolpita nella Costituzione che festeggeremo il 25 aprile”. Di altro segno le parole di Antonella Mattei, sorella di Stefano e Virgilio: “Non mi posso pacificare con persone che non hanno chiesto mai scusa. A nove anni mi hanno distrutto la vita, come si fa a dimenticare?”. La giustizia “è stata quella che è stata. Li hanno tutelati. Li hanno aiutati. Li hanno mantenuti”.