Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, sono innocenti. Vittime di un errore giudiziario e di false confessioni. Il riconoscimento effettuato dal testimone oculare Mario Frigerio, che all’epoca perse la moglie Valeria Cherubini, non è attendibile. E all’origine del quadruplice omicidio ci fu un “regolamento dei conti da cercare nel mondo dello spaccio”, come ha rivelato un “testimone nuovo” che “nessuno ha mai rintracciato ma solo intervistato”. Sono le parole contenute nella richiesta del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser, una ventina di pagine per chiedere di riaprire il caso sulla strage di Erba. Una richiesta che, ora, dovrà essere vagliata dai vertici del suo ufficio, il procuratore generale Francesca Nanni e l’avvocato generale Lucilla Tontodonati, alle quali toccherà dare il via libera alla trasmissione o meno dell’istanza alla Corte d’Appello di Brescia. Della proposta di riaprire il caso se ne parla da anni, ma adesso è arrivata la mossa a sorpresa del pg milanese. Mossa che precede addirittura un analogo passo, tanto annunciato, che si appresta a fare la difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi condannati definitivamente all’ergastolo con l’accusa di aver ucciso, nel dicembre 2006, a colpi di coltello e spranga, e per motivi legati a liti di vicinato, Raffaella Castagna, il figlio di 2 anni Youssef Marzouk, la nonna del piccolo Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Unico sopravvissuto Mario Frigerio, marito di quest’ultima, testimone diretto di quella terribile carneficina. Alla fine, l’appartamento in via Diaz fu anche dato alle fiamme.

Le consulenze di Schembri e la pista dello spaccio – A portare il pg Tarfusser a firmare l’atto sul quale l’ultima parola spetta alle due magistrate milanesi, Nanni e Tontodonati – si sono prese qualche settimana per esaminarlo – sono state alcune consulenze che l’avvocato Fabio Schembri, alla guida del pool di legali che assiste marito e moglie, gli ha consegnato qualche mese fa: si tratta di relazioni firmate da una quindicina di esperti che riguardano, per esempio, le intercettazioni ambientali di quando Frigerio era in ospedale e che non sono mai entrate nel procedimento, oppure gli audio e i video prima della confessione, per l’avvocato estorta, della coppia, i filmati girati in carcere dal criminologo Massimo Picozzi, allora consulente della difesa, e anche una relazione di un genetista secondo cui quella traccia ematica individuata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano sarebbe stata una “suggestione ottica”. Insomma, da quanto riferito, Tarfusser avrebbe lavorato sul materiale ricevuto e con il quale Schembri proverebbe l’innocenza dei suoi assistiti insistendo su una pista alternativa: a suo dire le ragioni della strage vanno ricercate in un regolamento di conti nel mondo dello spaccio. Una ipotesi attorno a cui ruota la sua richiesta di revisione, autonoma rispetto a quella del pg, che dovrebbe depositare settimana prossima e che sarà corredata anche dalla testimonianza di un amico del fratello di Azouz Marzouk, il padre del bimbo ucciso e allora passato alla ribalta delle cronache. Secondo il legale “ci sono nuovi elementi che vanno ad intaccare le prove su cui si è fondata la condanna” ma che i giudici hanno sempre considerato solide e granitiche: la confessione dei coniugi e il sangue di Valeria Cherubini, mista a sangue maschile individuato nella loro macchina a cui si aggiunge la testimonianza di Frigerio, scampato alla morte per una malformazione congenita alla carotide e poi deceduto nel 2014. “Vidi Olindo, mi fissò con degli occhi da assassino, non dimenticherò mai il suo sguardo, era una belva”, disse. Qualora la richiesta del pg venisse trasmessa a Brescia, la Corte deciderà se è ammissibile o meno. E lo stesso vale per l’istanza di revisione della difesa. E in caso sia giudicata ricevibile si aprirebbe un nuovo procedimento.

La traccia di sangue, la testimonianza di Frigerio: tutte le incongruenze evidenziate da Tarfusser – “Moltissimi erano gli elementi che sin dal giudizio di primo grado sarebbero stati idonei, se solo valutati dai giudici, a giudicare inattendibile la prova del ‘riconoscimento’, fortemente dubbia la prova della ‘macchia di sangue’ e indotte, con modalità che definire poco ortodosse è fare esercizio di eufemismo, le ‘confessioni’, trattate invece alla stregua di prove regine”, scrive Tarfusser. “Oggi, a distanza di oltre 17 anni, la scienza – se auspicabilmente ammessa a farlo nel giudizio rescissorio – è fortunatamente in grado di fornire da sola, ma soprattutto in unione alle numerose criticità in atti e non in atti, comunque mai valutati, quelle certezze scientifiche idonee a fare sgretolare i tre pilastri probatori su cui fondano la condanna all’ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi“. Il sostituto procuratore di Milano – che ha agito dopo un confronto con la difesa – mette in fila le tre prove su cui si fondano le sentenze di condanna e prova a ‘sgretolarle’ anche temporalmente: è il riconoscimento di Frigerio, poi la macchia di sangue della Cherubini trovata sul battitacco dell’auto di Olindo a far scattare le manette per i coniugi Romano, i quali renderanno poi piena confessione del quadruplice omicidio. “Le caratteristiche della traccia ematica, così come rilevate in sede di analisi, non risultano conciliabili con quanto sarebbe lecito attendersi a seguito delle precedenti operazioni di prelievo e repertazioni eseguite”. La repertazione e documentazione dei prelievi “appare assai carente circa il rispetto di comuni parametri di attendibilità e verificabilità scientifica, ancora di più qualora si riporti la competenza di tale attività in ambito forense”. Questa ‘scientificamente accertata inconciliabilità‘ tra la traccia repertata e la traccia analizzata “pone una serie di domande in termini di genuinità delle attività compiute e degli atti redatti che non possono rimanere senza risposta” sottolinea il pg che sembra mettere in discussione il lavoro svolto sul caso, così come fatto in una contro inchiesta del programma tv ‘Le Iene‘. “La domanda di fondo – scrive il pg Tarfusser – riguarda il perché questo accertamento, delicatissimo e potenzialmente decisivo, alla ricerca di possibili tracce riconducibili ai delitti commessi viene svolto a 15 giorni di distanza, alle ore 23.00, da un solo brigadiere dei Carabinieri e non, con tutti i crismi in termini di professionalità, competenza e con la strumentazione tecnica adeguata, dagli specialisti del Ris già sul posto”. Se l’unica traccia di sangue che lega presunti colpevoli e una delle quattro vittime può destare qualche perplessità sulla “genuinità”, il pg prova a invertire il ragionamento. “Laddove mai esistesse la ‘prova regina’, questa è una prova regina. Prova però dell’innocenza dei due condannati. Salvo che non si attribuisca loro, oltre ad una straordinaria freddezza ed abilità, anche delle doti miracolistiche. Quelle cioè di essere riusciti a non lasciare alcuna loro traccia sul luogo dove hanno scatenato una sfrenata rabbia lasciando un bagno di sangue e di essere riusciti a non ‘portare’ alcuna traccia del crimine appena commesso nelle loro pertinenze“.

Pagina dopo pagina il magistrato – che chiede il proscioglimento dei due condannati, “probabilmente vittime di errore giudiziario” – sottolinea “le numerose e gravi criticità che hanno costellato l’intera indagine, le quali soprattutto alla luce dei profili di ‘novità’ insite nelle ‘nuove prove’ gettano una luce di più di qualche ragionevole sospetto su come queste indagini son ostate condotte”. In particolare, facendo fede su consulenze firmate da luminari, e rileggendo ogni singolo atto dell’inchiesta, ritiene che la memoria di Frigerio “è una falsa memoria” su Olindo. Il testimone prima parla di uno sconosciuto con la pelle olivastra, poi diventa il suo vicino di casa. “Non si può non rilevare come questo riconoscimento abbia avuto una genesi tortuosa, sia inficiato da evidenti e gravi elementi di criticità che lo rendono estremamente dubbio ma, soprattutto, che si fonda su elementi che pur essendo in atti, mai sono stati scrutinati e valutati dalle Corti di merito” facendo riferimento a presunte ‘sollecitazione’ nelle domande.

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