La richiesta del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser di revisione del processo che ha portato alla condanna all’ergastolo in via definitiva di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba è solo il primissimo passo di un iter che, se dovesse proseguire, si annuncia lunghissimo. La prossima parola spetta alla procuratrice generale Francesca Nanni e all’avvocato generale Lucilla Tontodonati.
Valutati gli atti inoltrati lo scorso 12 aprile da Tarfusser, Nanni e Tontodonati decideranno se trasmettere o meno gli atti alla Corte d’Appello di Brescia. Ci vorrà qualche settimana. Se le due dovessero decidere per la trasmissione dell’istanza la Corte bresciana dovrà valutare se è ammissibile. Superato eventualmente questo primo passo, verrebbe fissata l’udienza per discutere la riapertura del caso. Quella del sostituto pg Tarfusser, tra l’altro, potrebbe non essere l’unica istanza da valutare. Anche la difesa di Romano e Bazzi ha infatti preannunciato che depositerà una propria richiesta di revisione su quanto accadde ad Erba quasi 17 anni fa.
Nelle 58 pagine di richiesta il sostituto procuratore prova a “sgretolare” i tre pilastri che hanno portato, a suo avviso, a un “errore giudiziario”. Passa in rassegna le versioni di Mario Frigerio che vanno dal non ricordare, a offrire l’identikit di uno sconosciuto con la pelle olivastra per poi puntare il dito sul noto vicino di casa. Una memoria ritenuta falsata, così come vengono ritenute “false”, indotte, le confessioni di Romano e Bazzi. Viene messe in discussione, la “genuinità” della macchia di sangue di Valeria Cherubini trovata sul battitacco dell’auto di Olindo: non convince il modo in cui è stata repertata, così come il risultato scientifico. Non solo: Tarfusser punta il dito su un’indagine lacunosa che non ha valutato piste alternative.
La difesa, come detto, è pronta a sua volta a depositare “tra pochi giorni” le sue carte. Oltre alle consulenze in cui si mettono in discussione le tre prove su cui si fondano le sentenze (elencate nella richiesta del pg), nella richiesta di revisione sono allegate anche nuove testimonianze tra cui quella di un giovane tunisino – finito in un’inchiesta della Guardia di finanza e legato in affari con il fratello di Azouz Marzouk, compagno e padre di due delle vittime – che offre una pista alternativa: un regolamento di conti tra bande rivali, legato al mercato dello spaccio, che sarebbe sfociato nell’agguato nell’appartamento di via Diaz in cui, secondo il suo racconto, venivano nascosti droga e soldi.