La guerra tra De Laurentiis e i tifosi – la battaglia di civiltà che doveva segnare una rivoluzione culturale per il calcio napoletano e non solo – era tutta una pinzillacchera, come direbbe Totò. È finita con il presidente sotto scorta, che posa in foto con gli ultras da cui dovrebbe essere protetto, in nome della Champions e della festa scudetto. Pace fatta, anche se sembra più una tregua armata. Capitolo chiuso, senza lieto fine.

Sono passate neanche due settimane da quel Napoli-Milan, con la curva in rivolta e le risse sugli spalti, alla vigilia del mese più importante della storia del club partenopeo. Uno spettacolo indecoroso che sembrava aver aperto una riflessione profonda sul tifo (non soltanto di Napoli, perché ovviamente la questione è più generalizzata). Invece non era nulla di serio. Le dichiarazioni congiunte (“Uniti per vincere”) fanno sponda all’appello-minaccia di Spalletti e rimandano al grande appuntamento di martedì, quando il Napoli cercherà di rimontare il Milan nei quarti di Champions, a questo punto col sostegno del suo stadio. Ma dietro la tregua non c’è solo l’unità di intenti per raggiungere la semifinale di coppa, quanto piuttosto la prospettiva dell’ormai imminente festa scudetto. Secondo quanto ricostruito da diversi quotidiani, l’incontro pacificatore sarebbe stato caldeggiato dalle istituzioni locali e nazionali, compreso il ministro dell’Interno Piantedosi, in un momento delicato, dopo le polemiche per i disordini causati dai tifosi dell’Eintracht, alla vigilia della temuta calata degli hooligans olandesi del Feyenoord a Roma. Meglio evitare altri guai a Napoli, meglio trovare un compromesso: gli ultras si impegnano a rispettare i regolamenti per l’ingresso di striscioni e tamburi, la società ammorbidisce la linea e sarebbe pronta a rinunciare alla “tessera del tifoso” tanto odiata dal tifo organizzato, che magari verrà pure coinvolto nella festa scudetto.

Tutto e bene quel che finisce bene. Più o meno. Quello scatto che suggella la pace è una sconfitta, soprattutto se dovesse essere confermata l’abolizione della fidelity card, un cedimento bello e buono alla forza della curva. Ed è quasi una farsa, se pensiamo che De Laurentiis si era appena visto assegnare la scorta proprio per le minacce degli ultras con cui poi si è ritrovato in hotel. Siamo passati in una settimana dall’evocare la Thatcher e riforme epocali alla foto di gruppo: il patron ha fatto un passo indietro, probabilmente per interesse, avrà pensato a quanto vale la partita di martedì. Ma bisognerebbe interrogarsi anche sul ruolo delle istituzioni, perché se sono vere le ricostruzioni non smentite, serve poco assegnare una scorta a una presidente per poi invitarlo a trattare coi gruppi organizzati, di fatto legittimandone le posizioni, perché è la via più facile per garantire l’ordine pubblico.

L’amaro in bocca di questa commedia alla napoletana sta tutto qua. Rimane l’impressione che certe logiche non cambieranno, perché se le società non sono in grado di imporre regole ferree (e ragionevoli: qui non si parla di caro prezzi) nemmeno quando sono in una posizione di forza, cioè nella miglior stagione della storia, allora non ci riusciranno mai. Passa il messaggio che l’inchino alla curva sia quasi un dazio da pagare, che agli ultras vada per forza riconosciuto un ruolo non si capisce bene in virtù di cosa, perché se lo chiedessero per le strade di Napoli, alla città e ai suoi cittadini, ben pochi si riconoscerebbero davvero in quelle bande. Ma in fondo è tutto racchiuso nella didascalia di quella foto: “Napoli siamo noi”. Sì, evidentemente sono loro.

Twitter: @lVendemiale

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Theo Hernandez, minacce di morte per il giocatore del Milan sotto il post sui social con il figlio

next