“Chiediamo giustizia per chi ha spento il sorriso di Giulio”. La famiglia di Giulio Giaccio, 26 anni, sequestrato da finti poliziotti, ucciso da killer del clan Polverino e sciolto nell’acido per uno scambio di persona, hanno rifiutato così l’offerta di un risarcimento da parte degli imputati accusati del delitto avvenuto 23 anni fa, il 30 luglio del 2000. Il 22 dicembre scorso per quell’omicidio sono stati arrestati Salvatore Cammarota, 55 anni, e Carlo Nappi, 64 anni, entrambi già condannati per camorra in via definitiva. Assegni per 30mila euro, immobili per 120mila e le scuse per aver tolto la vita a un giovane scambiato che nulla aveva a che fare con un torto subìto da un boss detenuto. In vista della prima udienza in Tribunale davanti al giudice per l’udienza preliminare i due imputati, tramite la difesa, hanno scritto all’autorità giudiziaria e agli avvocati dei tre parenti della vittima che si sono costituiti parte civile per offrire quei soldi “a titolo di integrale risarcimento del danno materiale e morale patito”.
Giulio Giaccio fu avvicinato da due uomini che si presentarono come agenti. Gli spiegò di non chiamarsi Salvatore, che c’era uno sbaglio, ma poi seguì i due finti poliziotti. Per anni del destino del 26enne non si seppe nulla. Nel 2015 fu riaperto il caso dopo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia. La vittima fu giustiziata in auto. Un altro pentito raccontò poi dettagli raccapriccianti su come fu distrutto il cadavere o quello che ne restava dopo aver utilizzato l’acido. “In qualità di Rosa Palmieri, Rachele e Domenico Giaccio, preso atto che gli assistiti hanno inteso comunicarmi la loro decisione di non accettare tale offerta, dal momento che essi confidano esclusivamente nelle determinazioni dell’autorità giudiziaria, all’esito del processo penale de quo. Per questo motivo, l’offerta “reale” formulata non può trovare accoglimento” ha risposto l’avvocato Alessandro Motta, uno dei legali della famiglia.