È successo pochi giorni fa e, a mio avviso, i media hanno assegnato alla notizia troppo poco spazio. Si è parlato ovviamente del fatto che Beatriz Flamini, alpinista tra l’altro, era riuscita a stare oltre 500 giorni isolata in una grotta e si sono scattate molte foto nel momento in cui è uscita. Ma non si è abbastanza riflettuto sull’importanza di ciò che ha detto e fatto. Anzi, al contrario. Leggendo i commenti alla notizia, ho visto che per lo più erano negativi, del tipo “una cavolata”, “serviva un esperimento così?” oppure battute ironiche che, come le critiche, non hanno colto il punto.

Ma perché l’esperimento di Flamini è importante? Torno un attimo indietro, al momento in cui ho letto la notizia. Io mi sono emozionata, un’emozione positiva e quasi liberatoria. Mi sono emozionata mentre leggevo le sue parole: ha detto che il tempo passato sotto è stato “molto bello” e lo ha passato a “leggere, scrivere, disegnare, tessere, esistere”. Ma anche, un po’ scherzando: “Avevo conversazioni interne e andavo molto d’accordo con me stessa”. Quando sono venuti a prenderla, stava leggendo un libro e le è quasi scocciato, ha detto, doverlo interrompere.

I verbi che l’alpinista ha usato vanno analizzati per bene: leggere, scrivere, disegnare, tessere. Sono tutte attività che presuppongo riflessione, approfondimento, quindi un rapporto con dei contenuti, oppure immaginazione, creazione. Pensare e immaginare. Riflettere, studiare e creare. Ecco, come dire, l’essenza, ecco quello che ci serve non solo per non soccombere, ma per essere se non felici, sereni, appagati. Tutto il resto potrebbe essere una sovrastruttura, un più che ci affanna senza renderci veramente contenti. Questo esperimento, dunque, è una sorta di esperienza filosofica estrema grazie alla quale l’alpinista ci ha dato la chiave per capire l’essenziale. Qualcosa non da poco, anzi.

E perché questo ci serve rispetto al tema della crisi climatica? Ci, serve, eccome. Si parla molto di decrescita, un tema che viene molto attaccato, giudicato pauperista, fuori dalla storia, ma anche psicologicamente insostenibile, perché nessuno vuole decrescere. Queste critiche hanno parzialmente senso, a meno che invece non decidiamo di decrescere su alcuni fronti, come l’acquisto compulsivo di oggetti, viaggi, esperienze, perché abbiamo trovato la felicità altrove. Ad esempio nelle relazioni umane oppure, come Beatriz Flamini, nella lettura, l’approfondimento e la creazione. A quel punto, come racconta il filosofo politico Stefano Bartolini nel suo libro Ecologia della Felicità (Aboca), la decrescita sul versante dei consumi non è più una rinuncia dolorosa e punitiva, ma la conseguenza naturale del fatto che ci interessano e ci rendono felici altre cose. Solo in questo modo potremo salvarci dalla crisi climatica, solo prospettando altri modi di esistere felici, appagati eppure completamente sconnessi dal capitalismo e dai suoi ferocissimi meccanismi. E dunque dalla crescita impazzita delle emissioni.

È ovvio che non si tratta di vivere in una grotta, scriverlo è banale ma non si sa mai. Il punto è altrove ovvero capire che avere libri tra le mani, così come ad esempio dipingere o creare, è un modo di accesso alla gratificazione facile ed economico. Non solo per noi adulti, ma anche per adolescenti e bambini, che potrebbero trarne grandissimo giovamento, rispetto invece al desiderio compulsivo di giochi e vestiti, che purtroppo non viene mai definitivamente gratificato.

Ecco perché, di nuovo e in conclusione, l’esperimento di Flamini è importante. Ci ha fornito una chiave di lettura sul mondo e sulla crisi ecologica, eppure non ci abbiamo pensato abbastanza. E già questo la dice lunga su come non sappiamo cogliere riflessioni su come essere più felici, senza per forza passare per i soldi o per esperienze varie che però sempre presuppongono l’utilizzo di una carta di credito.

[Foto tratta dal profilo Facebook di Beatriz Flamini Castañeda]

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