Dell’assalto dei colossi del web al business bancario si parla da anni. Per ora di stravolgimenti non se ne sono visti, certo, ci si possono scambiare i soldi con i telefoni etc ma i big del credito non sono stati rimpiazzati da Amazon, Facebook o Google. Ora Apple, che già offre alcuni servizi finanziari con le sue applicazioni, tenta un altro affondo. Lo fa però insieme a Goldman Sachs, nome blasonato della finanza tradizionale e mossa che, tra l’altro, facilita le cose per quanto riguarda la concessione di licenze bancarie. Il gruppo offrirà un pari a dieci volte il tasso medio nazionale, ovvero 4,15% l’anno. Un rendimento che resta negativo se raffrontato al tasso di inflazione statunitensi ma che è effettivamente generoso rispetto a quello di molti concorrenti. Sul conto non sono previste commissioni e non ci sono soglie minime per le somme depositate.

Apple e Goldman Sachs hanno fiutato l’aria. Con la Federal Reserve che sta alzando i tassi da oltre un anno e l’inflazione che rimane ancora alta, i risparmiatori cercano di spostare i soldi dove i rendimenti consentano di tenere il passo dell’erosione della perdita di potere di acquisto. Il sistema bancario tradizionale sta reagendo molto lentamente, i tassi praticati su mutui e prestiti salgono all’istante, quelli pagati sui depositi al rallentatore. Questo va naturalmente a beneficio dei ricavi e a scapito dei clienti. Lo stesso sta accadendo in Europa e Italia. Tuttavia ora un qualche meccanismo concorrenziale potrebbe iniziare a correggere almeno in parte questa distorsione. Anche perché, secondo alcuni esperti, Apple gioca un’altra partita rispetto alle normali banche di cui probabilmente non vuole replicare il modello di business ma sfruttare alcuni servizi per aumentare l’offerta ai suoi utenti. In altri termini con un po’ meno attenzione a lucrare sulla differenza di tassi praticati a chi deposita e achi prende in prestito.

Dal marzo del 2022, ossia da quando la Fed ha cominciato ad aumentare il costo del denaro, sono stati prelevati dalle banche circa 800 miliardi di dollari. Ieri società del calibro di Charles Schwab, State Street e MT hanno annunciato di aver chiuso il primo trimestre dell’anno con una perdita di depositi da 60 miliardi di dollari. È certo un periodo molto particolare, in cui il denaro si muove più velocemente del solito. Il fallimento di Silicon valley bank ha diffuso timori sulla tenuta delle banche più piccole, rompendo inerzie e favorendo un esodo di denaro verso colossi come Jp Morgan o Citigroup.

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