Il Mi-To-Cola creatura mitologica dell’Olimpiadi a tre teste che il Coni di Giovanni Malagò aveva partorito nel lontano 2018 per strappare il sì del governo alla candidatura – alla fine resterà tale: Torino non rientrerà fuori tempo massimo nel progetto olimpico, nonostante l’Oval pronto ad ospitare le gare di pattinaggio e la sponsorizzazione del ministro Matteo Salvini. Il pattinaggio di velocità rimane a Milano, alla Fiera di Rho per la precisione. Lombardia e Veneto si tengono tutti i Giochi.

Faticosamente, in ritardo disperante sulla tabella di marcia, vanno a posto gli ultimi tasselli dei Giochi invernali 2026. Si riempie finalmente la voragine più clamorosa, quella che si era aperta a gennaio quando il Comitato organizzatore, come rivelato in anteprima dal Fatto, aveva deciso di tagliare la pista di Baselga di Piné, a causa dei costi esorbitanti del tetto: una volta coperto, l’impianto sarebbe diventato finanziariamente insostenibile per il piccolo Comune trentino. Un’assurdità chiara fin da principio agli addetti ai lavori (il Cio lo aveva fatto notare subito), di cui gli organizzatori si sono accorti solo con tre anni di ritardo.

Una volta ufficializzata la rinuncia (la pista di Baselga verrà comunque ristrutturata, solo senza tetto, e come risarcimento ospiterà i Giochi giovanili del 2028), bisognava trovare il sostituto. Il Lingotto di Torino sembrava la soluzione più naturale, ma poi la partita si è complicata: mentre il capoluogo piemontese temporeggiava, aspettando probabilmente che fosse la Fondazione a chiederle la pista per strappare le condizioni più vantaggiose, a Milano preparavano l’alternativa.

Ne è nato una specie di testa a testa nelle ultime settimane, fonte di polemiche e di ritardi, tanto per cambiare: da una parte l’Oval di Torino, un impianto esistente, collaudato perché già utilizzato con successo nell’edizione 2006, comunque da rinnovare, sponsorizzato da Matteo Salvini a sostegno del governatore leghista Alberto Cirio; dall’altra la Fiera di Rho, un’infrastruttura temporanea, da montare e smontare dopo i Giochi, con la benedizione del sindaco Beppe Sala e degli altri stakeholder. Contrariamente a quanto propagandato da un lato e dall’altro, le proposte erano in realtà molto simili: il Piemonte si sarebbe fatto carico dei 9,7 milioni per ristrutturare l’Oval tramite fondi europei a disposizione della Regione, ma la mossa con cui Milano ha sparigliato le carte è stata proporre una sponsorizzazione come cambio merci in pubblicità. La Fondazione Fiera diventerà partner ufficiale di Milano-Cortina, e quest’accordo compenserà i circa 10 milioni per l’allestimento della pista temporanea. In soldoni, entrambi gli impianti sarebbero a costo zero per il Comitato, mentre traslocare a Torino avrebbe comportato inevitabilmente maggiori oneri logistici (alloggi, sicurezza, trasporti, ecc.).

Alla fine la bilancia pende dalla parte di Milano. Lunedì il sindaco di Torino Stefano Lo Russo e il governatore Cirio si sono giocati le ultime carte, esponendo il loro progetto alla Fondazione, come strappato in extremis da Salvini, ma i giochi erano già fatti, con l’analisi comparata delle due proposte presentata una settimana prima dai tecnici della Fondazione e avallata pure dal ministro Andrea Abodi in cabina di regia. Anche i numeri giustificano la scelta di Rho, ma è chiaro che la decisione è stata innanzitutto politica. Torino paga il vecchio rifiuto dell’ex sindaco Chiara Appendino e dei 5 stelle: Sala, Fontana &C. non hanno dimenticato le aspre polemiche col Piemonte al momento della candidatura, e soprattutto si guardano bene dall’ammettere al tavolo dell’abbuffata olimpica un’altra città di un’altra Regione, cioè un’altra bocca da sfamare, nei cui confronti la chiusura dei rappresentanti di Lombardia e Veneto è sempre stata unanime. Anche a costo di perdere altri 5 mesi (del ritiro di Baselga si sa da gennaio) e di creare una pista di pattinaggio che non c’è. L’ennesimo paradosso di questi Giochi italiani.

Twitter: @lVendemiale

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