Economia & Lobby

Pos, giovedì il tavolo (in ritardo) per abbassare le commissioni. Confesercenti: “Fondamentale intervenire, frustrazione tra i commercianti”

Manca poco al 20 aprile, quando governo, banche e associazioni di impresa siederanno di nuovo al tavolo delle trattative. Obiettivo: provare ad abbassare le commissioni sulle microtransazioni fatte con moneta elettronica, dopo aver bucato la scadenza di fine marzo auto imposta con la legge di Bilancio. Confesercenti, che prenderà parte ai negoziati, non nasconde la frustrazione che serpeggia tra i commercianti nei confronti dell’esecutivo. Che lo scorso anno ha annunciato l’abolizione delle sanzioni per chi non ha il pos per transazioni fino a 60 euro salvo essere costretto a fare marcia indietro visti gli impegni presi con la Ue. E a quel punto ha promesso interventi per ridurre i costi. Il segretario nazionale Mauro Bussoni spiega a Ilfattoquotidiano.it che il sentimento si sta diffondendo “soprattutto tra le piccole e microimprese di alcune categorie caratterizzate da piccoli margini fissi, come tabaccai, gestori carburanti e giornalai”.

Perché serve intervenire – Il nodo delle microtransazioni Pos non è secondario per l’economia italiana. Nel 2022, secondo i dati dell’Osservatorio Innovative Payments, gli acquisti con moneta elettronica sotto i 25 euro hanno rappresentato il 52% di tutti i pagamenti digitali. Sommati a quelli tra i 25 e i 50 euro, si arriva a oltre il 75%.

“Sono dati che non sorprendono – ragiona il segretario di Confesercenti – questa ricerca ci conferma che la riduzione o addirittura l’azzeramento delle commissioni sulle microtransazioni è un passo fondamentale per garantire una maggiore sostenibilità e una maggiore diffusione della moneta elettronica nel nostro Paese”. Oltre a favorire una cultura del pagamento digitale una politica simile riuscirebbe, evidenzia Bussoni, “a modernizzare il settore distributivo”.

La maggior parte di queste transazioni naturalmente viene eseguita in piccoli esercizi commerciali. La cui posizione è sempre la stessa. “Noi pensiamo che per le aziende con fatturato sotto 400.000 euro vada abbassato il costo delle transazioni e azzerato per le microtransazioni”, sottolinea a Ilfatto.it Giancarlo Banchieri, segretario nazionale della Federazione Italiana Esercenti Pubblici e Turistici, che riunisce e rappresenta pizzerie, trattorie, gelaterie e ristoranti. Nessuno discute sull’utilità di commissioni più basse, ma nessuno vuole prenderne sulle spalle il prezzo. “Siamo a favore del pagamento elettronico, però il suo costo non si può riversare sulle aziende”, aggiunge Banchieri.

La scelta dei cittadini – Mentre si cerca di trovare una quadra politica, i cittadini sembrano essersi portati avanti: negli ultimi cinque anni c’è stata una crescita costante dei pagamenti digitali. I dati dell’Osservatorio mostrano che la moneta elettronica è stata utilizzata per il 40% degli acquisti nel 2022. Nel 2017 la stessa percentuale si fermava al 24%.

Tradotto in cifre significa che lo scorso anno il transato digitale ha raggiunto i 397 miliardi di euro, contro i 220 di cinque anni fa. “Il problema è che, a fronte di una platea di utilizzatori di moneta elettronica sempre più ampia, i costi delle transazioni per i piccoli esercenti, sia le commissioni che gli oneri accessori, rimangono”, spiega Bussoni. Un altro tema che dovrà essere affrontato durante le trattative del prossimo 20 aprile sono i costi fissi legati al Pos. Seppur non mancano le offerte di banche e circuiti di pagamento che negli ultimi anni hanno fatto decisi passi avanti: “Per i bar, ad esempio, i costi fissi possono essere un problema. Per i piccoli esercenti c’è una maggiore incidenza dei costi fissi e meno potere contrattuale sul costo delle transazioni e quindi è giusto intervenire”, chiarisce Banchieri. Non finisce qui. Per una diffusione capillare dei pagamenti digitali serve anche una rete internet potente e stabile. Così gli investimenti sulla banda larga e sulla tecnologia devono andare a braccetto con le riduzioni del costo delle transazioni: “Nel periodo di Pasqua dello scorso anno c’è stato un blackout della rete dei pagamenti – ricorda Bussoni – Un episodio che dimostra come ci sia ancora del lavoro da fare per colmare l’esistente gap di natura tecnologica, che sicuramente non aiuta la diffusione della moneta elettronica”.

Il ruolo del governo – Puntare sulla moneta elettronica riducendo il costo delle transazioni “è anche una misura di sicurezza”, chiarisce Banchieri. Così si abbattono i rischi di rapine e si azzerano i costi del contante: un vantaggio per gli esercenti, ma anche le banche guadagnerebbero da una simile misura. “Se con un abbassamento delle commissioni ci fosse un aumento degli acquisti digitali, alla fine le banche non perderebbero nulla”, aggiunge il segretario della Fiepet. Si tratta di una possibilità concreta, visto che tra il 2021 e il 2022 c’è stato un incremento dell’utilizzo della moneta elettronica del 18%.

Per Banchieri questo è il motivo per cui “il governo, in questo caso, deve esercitare anche un ruolo di indirizzo, andando un po’ al di fuori delle proprie prerogative”. Dello stesso parere è anche il segretario di Confesercenti: “ci aspettiamo un ruolo maggiormente attivo da parte dell’esecutivo”. E se il 20 aprile non si dovesse riuscire a raggiungere un accordo che soddisfi tutte le parti, in linea teorica tornerebbe la possibilità del contributo straordinario da parte delle banche. Una sorta di tassa sugli utili derivanti dalle commissioni delle microtransazioni per risarcire gli esercenti. Secondo Bussoni “se questo si verificasse sarebbe il peggiore epilogo possibile per la vicenda. Un fallimento su una norma che è stata al centro dell’attenzione dei media per tantissimo tempo. Il 20 aprile non mancheremo di sottolineare questo”.