La risposta a una garbata richiesta di informazioni sul menù è secca: “Qui non ammettiamo i celiaci”. Con il tono di chi non ammette repliche né discussioni. Discorso chiuso. Valentina c’è rimasta malissimo. E’ conosciuta sul web come Valentina Gluten Free, seguita da tutta la comunità dei celiaci che cerca informazioni, consigli, anche aiuto. È riuscita con una straordinaria forza d’animo a trasformare una malattia (è proprio lei a definirla così) in un’opportunità. Ha aperto un forno specializzato in provincia della Spezia che attira una clientela vastissima. Ed è diventata una star dei social.
Per questo motivo ha voluto denunciare, usando il mezzo che le permette di diffondere le sue opinioni, quel che le è accaduto. Nei giorni scorsi, racconta, si è trovata ad affrontare una situazione molto spiacevole. Quando ha chiesto informazioni al ristorante dove voleva mangiare, la chiusura è stata totale. Ora tuona contro quella che descrive come una “discriminazione alimentare”. Proprio in un periodo nel quale, sempre di più, anche la ristorazione vuole proporsi come sempre più inclusiva, anche rispetto alle intolleranze alimentari.
“Il problema – scrive Valentina – non è quello di non poter offrire un pasto sicuro a chi ha esigenze alimentari non tradizionali. Il problema è negare l’accesso ad un ristorante a chi sta solo chiedendo con gentilezza delle informazioni”. Perché è andata, spiega lei, proprio così. E’ bastato dichiarare di essere celiaca per vedersi sbarrare la porta. Dietrofront. “Per chi è celiaco – spiega ancora Valentina – non è semplice l’iter della prenotazione al ristorante, significa dover mettere in luce la propria malattia per sapere se il ristoratore è disponibile e preparato in materia”. Il primo passo è già difficile: “Fa sentire chi è celiaco esposto e in difetto già in partenza quindi sentirsi rispondere ‘non sei accettato, non puoi entrare’ è brutale e violento verso chi si sta esponendo e sta solo chiedendo di poter entrare con la sua compagnia a fare un pasto”.
Valentina è ormai un personaggio pubblico. Ha raccontato così la sua adolescenza: “Ho commesso l’errore più grande, chiudermi nel mio isolamento, escludermi da qualsiasi attività sociale per evitare di sentirmi in imbarazzo”. Poi l’episodio che ha segnato la svolta: “Dopo aver rinunciato alla gita dopo la maturità, ho capito che non potevo andare avanti così, che dovevo affermarmi per quello che ero”. Tanta forza d’animo e anche una robusta dose di autoironia. Che non le ha mai fatto nascondere la patologia di cui soffre e che testimonia così: “Non è una semplice intolleranza come molti credono ma una malattia autoimmune di origine genetica. Se non la si cura, è degenerativa, può portare ad altre malattie più gravi. Bisogna avere rispetto di una malattia”.
Di conseguenza, tornando all’ultimo episodio, commenta ancora così: “I modi sono fondamentali e nessuno si merita di essere discriminato e non accettato con così tanta cattiveria e chiusura”. Ma ha deciso di non fare il nome del locale: “Sono profondamente convinta che la pubblica gogna sia sbagliata tanto quanto il trattamento che mi è stato riservato. Ho scelto però di dare luce al fatto per trasformare un brutto episodio in qualcosa di utile e costruttivo per chiunque”. La morale? Intervenire subito, anche per evitare che qualcun altro si trovi nella stessa situazione.