di Silvia Turzio*

Un collega della tua azienda da un certo punto in poi ritarda su alcune scadenze, chiede permessi, sembra affaticato. Nel parlare con lei o con lui scopri che si prende cura di un genitore anziano fragile o che entrambi i genitori stanno perdendo la loro autonomia gettando i figli nello sconforto.

Tutto inizia ad avere un significato oltre le apparenze e, come datore di lavoro o manager di una squadra, vuoi trovare una soluzione che possa alleviare l’impegno di cura sempre più diffuso tra i colleghi di età compresa tra i 35 e i 55 anni.

Novità della Legge 104

Dal 13 agosto 2022 in virtù del Decreto conciliazione vita lavoro (Dlgs 105/2022) sono state introdotte alcune novità importanti per i familiari che assistono persone con grave disabilità. Tra le integrazioni:

1. Eliminato il referente unico. Più lavoratori possono assistere il medesimo familiare in difficoltà. Ad esempio due sorelle, entrambe lavoratrici dipendenti, possono richiedere il permesso di assistere il papà disabile che ha ottenuto il riconoscimento della Legge 104.

2. Unione civile e convivenza. Si estendono i beneficiari comprendendo anche le unioni civili e conviventi di fatto.

I miglioramenti progressivi della Legge 104 non sono certo sufficienti per tutelare il lavoro, qui di seguito alcuni numeri e spunti utili per un piano di welfare a prova di caregiver.

Numeri dell’impatto di cura

I dipendenti caregiver trascorrono in media 3 ore al giorno (fino a 24 ore alla settimana) in attività di assistenza e un datore di lavoro potrebbe non conoscere o sottovalutare l’impegno di cura. A fronte di questo importante assorbimento di tempo non sorprende che il 67% della forza lavoro globale affermi di essere stata costretta a scendere a compromessi tra il proprio lavoro e la propria vita personale a causa dell’impatto della pandemia, in particolare per le donne.

La metà dei dipendenti caregiver afferma che il proprio manager non è consapevole delle responsabilità di assistenza che affrontano, quindi le aziende potrebbero sottovalutare l’impatto che il prendersi cura di un familiare ha sul benessere e sulla produttività delle risorse.

Riflessi sull’azienda

La produttività. Il carico mentale ed emotivo di una risorsa che cerca di sostenere le prestazioni sul lavoro mentre si prende cura di una persona cara è molto elevato. I caregiver affrontano numerose sfide tra cui la difficoltà nel mantenere la produttività, la riduzione economica e pensionistica, l’impatto emotivo e fisico: il 28% ha smesso di risparmiare, il 57% riferisce livelli clinicamente significativi di stress, ansia o depressione.

La fidelizzazione. La forza e la determinazione di un dipendente caregiver è un valore da tutelare da parte dell’impresa. Alcuni caregiver hanno ridotto le loro ambizioni di carriera, altri hanno ridotto il loro orario di lavoro e altri ancora hanno lasciato del tutto il lavoro. Il 45% ha preso in considerazione l’idea di lasciare il lavoro a causa di richieste personali rispetto al 19% dei non caregiver. Trattenere risorse capaci di una gestione complessa e fornire loro strumenti per mettere in equilibrio vita e lavoro è un fattore competitivo.

Diversità e inclusione. Più di 300mila donne hanno lasciato il lavoro nei primi 12 mesi della pandemia, con il 40% in più di probabilità rispetto agli uomini di trovare insormontabile il problema di assistenza all’infanzia e ai genitori anziani rispetto alle loro carriere.

Un piano welfare dedicato

E’ il welfare aziendale che può mettere a terra molti strumenti a favore dei dipendenti caregiver – in prevalenza donne – cambiando il benessere delle persone e la produttività delle imprese se affrontato come leva strategica, anche nelle Pmi. Ogni azienda è portatrice di unicità e identità proprie, un piano di welfare aziendale dedicato ai dipendenti caregiver deve risentirne e uscire perfettamente allineato alle proprie attitudini.

Ci sono però approcci sempre validi cui fare riferimento, come:

– coinvolgere i dipendenti nella progettazione di un piano welfare incisivo;
– analizzare le esigenze profonde e porre le domande giuste rispetto ai bisogni personali con questionari approfonditi sul ruolo di cura;
– studiare un piano di welfare con servizi concreti per liberare tempo ai caregiver come la consulenza personalizzata, i servizi di disbrigo pratiche, l’orientamento assistenziale;
– abbinare fin da subito un piano di engagement e comunicazione che coinvolga i dipendenti, non solo attraverso e-mail;
– fare formazione sui contenuti e sui benefici familiari, estendendo anche ai familiari stessi;
– farsi aiutare da esperti in analisi bisogni, motivazione delle persone, conoscenza dei servizi alla persona e comunicazione.

* Founder & CEO di VillageCare, proviene da solide esperienze manageriali in campo assicurativo, finanziario e sanitario. Laureata in Economia e Commercio all’Università Cattolica di Milano con successive specializzazioni presso MIT di Boston e Harvard Medical School.

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