Così Pietro Orlandi ha replicato, nel corso del programma Di Martedì, condotto da Giovanni Floris, alle pesanti accuse rivolte sia a lui che al suo avvocato Laura Sgrò
“Ho dato tutto quello che avevo, quelle otto ore di colloquio non mi sono pesate, sono stato contento. Sarei rimasto anche di più: dopo 40 anni ho avuto l’occasione di raccontare quanto avrei detto anche molto prima. Per questo sono rimasto stupito quando ho sentito dire che ci stavamo tirando indietro, che non volevamo dare delle informazioni”. Così Pietro Orlandi ha replicato, nel corso del programma Di Martedì, condotto da Giovanni Floris, alle pesanti accuse rivolte sia a lui che al suo avvocato Laura Sgrò, accusata apertamente sull’emittente Vatican News, di non voler collaborare alle indagini sulla scomparsa di sua sorella Emanuela Orlandi. La Sgrò, oggi, per chiarire ancora meglio i motivi di quest’impasse ha aggiunto a FqMagazine: “Io sono stata chiamata a riferire su Emanuela Orlandi, nulla mi è stato chiesto su Giovanni Paolo II. Come faccio a essere reticente su qualcosa che neppure mi è stato chiesto?”
“Ho sviscerato ogni situazione – ha aggiunto Orlandi – abbiamo dato 28 nomi tra le persone che potrebbero essere a conoscenza di alcuni fatti. Ho fatto i nomi delle persone che si scambiavano i messaggi in quelle famose chat (divulgate da FqMagazine lo scorso gennaio), erano persone vicine al Papa. Gli ho detto che spero le ascolteranno dal momento che parlano chiaramente di situazioni che riguardano Emanuela. Da parte di Alessandro Diddi avevo visto la disponibilità più totale, anche quando abbiamo ascoltato senza censure l’audio pessimo, bruttissimo, di Marcello Neroni diffuso da Notte Criminale. Per me è stata una prova durissima ascoltare le parole che ci sono in quell’audio ma era una cosa che dovevo fare, bisogna scavare fino in fondo. È giusto indagare a 360 gradi, non possono esserci intoccabili”.
Anche papa Francesco nei giorni scorsi ha duramente criticato Pietro Orlandi che a suo dire avrebbe rivolto alla memoria del Papa Santo “illazioni offensive e infondate”. Nella scorsa puntata di Di Martedì Pietro ha semplicemente riportato di aver raccolto suo malgrado delle testimonianze di persone interne al Vaticano su Wojtyla. Si tratta di elementi in netto contrasto con il suo mandato di Papa e con la sua figura di Santo. In quell’occasione, Orlandi non ha espresso giudizi morali nei confronti di papa Giovanni Paolo II, che ha avuto negli anni un ruolo chiave nel caso della scomparsa di Emanuela per cui è stato tirato più volte in ballo dal suo attentatore Alì Agcà, dall’ex boss Marcello Neroni (che lo ha accusato di pedofilia nel noto audio shock) e da una persona, ormai scomparsa, che avrebbe riferito che anche il Papa Santo era solito fare delle uscite notturne fuori dalle mura Vaticane alludendo a degli incontri clandestini a scopo sessuale.
“Io non credo papa Francesco si rivolgesse a me”, ha spiegato ieri Orlandi al pubblico de La 7, “ma credo si riferisse piuttosto a Marcello Neroni perché è lì, in quell’audio che ci sono delle gravi accuse a Wojtyla. Mi ha colpito anche l’accusa di Diddi nei miei confronti di non aver voluto collaborare. Inizialmente non capivo, poi ho compreso che Diddi si riferiva solo alle persone che mi dissero che Giovanni Paolo II la sera usciva di nascosto dal Vaticano. Sono disponibile ad andare da Diddi a chiarire e fare i nomi di quelle persone. Non li avevo fatti subito perché non riguardano l’inchiesta su mia sorella ma un’altra faccenda”. Orlandi ha dunque dichiarato pubblicamente la sua disponibilità a rivelare le sue fonti al promotore di giustizia del Vaticano Alessandro Diddi.
Anche l’avvocato Laura Sgrò è intervenuta nel merito della questione, ieri, dicendo: “Sono molto addolorata, appena ho sentito il Papa sofferente ho sofferto per lui, per la comunità religiosa e per la famiglia Orlandi che soffre da 40 anni. Provo profondo dolore per ciò che è successo ma ci sono due cose da chiarire. La prima è che Orlandi è stato ascoltato per due ore da solo per cui se ci sono delle lacune e se mancano informazioni a riguardo lo sanno solo lui e Diddi. Hanno gettato fango su di noi, dicendo che non vogliamo collaborare. Per questo abbiamo comunicato al promotore di giustizia la volontà di Orlandi di andare in qualunque momento a dire quello che a quanto pare è mancato. Sono stata chiamata anche io in Vaticano lo scorso sabato per Emanuela Orlandi e in qualità di legale della famiglia io ho fatto ciò che avrebbe fatto qualunque altro avvocato, mi sono astenuta dal riferire il contenuto delle conversazioni con il mio assistito, è una questione di buon senso. Questo a tutela del ruolo ma sono disponibilissima ad avere un incontro con Diddi e a chiarire”.
La frase incriminata sembrerebbe quella detta in tivù, che sembra essere la cosa più importante per chi indaga sul destino di una 15enne scomparsa da 40 anni per cui sono state perseguite decine di piste che negli anni hanno coinvolto, oltre a Wojtyla, il terrorismo turco, i Servizi Italiani, la Stasi, criminali della Banda della Magliana, Alì Agcà, lo Ior, il crack del Banco Ambrosiano e soprattutto hanno chiamato in causa la questione della pedofilia all’interno della Chiesa, in base anche al recente racconto di un’amica di Emanuela, nella serie Netflix americana “Vatican Girl”. La ragazza riferì in una delle puntate che Emanuela le aveva confessato di essere molto turbata da un cardinale che ci aveva provato con lei nei Giardini Vaticani (la ragazza, lo ricordiamo, era cittadina dello Stato Pontificio). Ci sono delle costanti che continuano a intrecciarsi ma senza restituire nessuna verità. Quella che si spera verrà presto fuori sia grazie all’inchiesta del Vaticano che alla commissione parlamentare che indagherà sul caso. La politica dovrà accettare di inoltrarsi in mondi torbidi, rischiosi e in una vicenda oscura e dolorosa che non riguarda solo una ragazza e la sua famiglia ma che coinvolge l’Italia tutta e che ha fatto il giro del Mondo.