Le persone povere senza figli piccoli né anziani o disabili da accudire saranno sostenute dallo Stato solo per 12 mesi, indipendentemente dalla probabilità che hanno di trovare un posto, dal fatto che lo trovino davvero e pure dallo stipendio ricevuto: dopo un anno dovranno arrangiarsi, anche se ancora indigenti. Anche chi ha carichi di cura potrà però essere tenuto ad accettare un posto purchessia. Per non perdere la nuova Gil, la misura che prenderà il posto del reddito di cittadinanza, la madre di un bambino ancora all’asilo sarà costretta, in caso arrivi un’offerta, ad accettare un lavoro anche a termine, anche part time, di pochi mesi e all’altro capo del Paese. La premier Giorgia Meloni dal Salone del Mobile ha ribadito che “il modello deve essere favorire il lavoro, l’unico vero ammortizzatore sociale”. Ed è questa, con tutta evidenza, la filosofia dietro le bozze del decreto Lavoro. che dal 2024 sdoppierà il reddito di cittadinanza in Garanzia per l’inclusione (Gil appunto) e Garanzia per l’attivazione lavorativa (Gal). Uno schema che, se approvato in questa forma, farebbe dell’Italia l’unico Paese europeo senza un aiuto strutturale e universale per tutti i cittadini in povertà. In palese contrasto con la raccomandazione Ue sul reddito minimo.
Il governo si inventa la definizione di occupabili – Come nelle bozza sulla Mia, ora tramontata, è confermata l’intenzione di ignorare la definizione di occupabilità utilizzata a livello internazionale, che è legata alle caratteristiche personali: istruzione, competenze, esperienze precedenti, tempo trascorso fuori dal mercato del lavoro. Solo nella Penisola, essere occupabile dipenderà al contrario dal contesto familiare. Confondendo e mischiando le politiche per le famiglie con quelle anti povertà, l’esecutivo – salvo ripensamenti dell’ultimo minuto – intende lasciare chi non ha figli del tutto senza protezione dopo un anno, nel corso del quale riceverebbe solo 350 euro al mese (525 se c’è un secondo componente). Con conseguente crollo di due terzi, da 426mila a 137mila, del numero di nuclei beneficiari di Gal nel 2025.
La trappola per chi ha carichi di cura – Ma nel nuovo schema c’è una novità rispetto alle anticipazioni delle scorse settimane anche per i beneficiari di sussidio che vivono in uno degli oltre 700mila nuclei con minori, over 60 o disabili a cui spetterà la Gil. Non saranno tutti automaticamente inseriti tra i non occupabili. Anche loro, se hanno tra 18 e 59 anni e non accudiscono bimbi sotto i 3 anni o parenti non autosufficienti, dovranno essere presi in carico e sottoscrivere un patto di servizio con un centro per l’impiego. E questo è positivo. Il problema è che, in parallelo, il provvedimento fa piazza pulita del concetto di congruità dell’offerta da accettare pena decadenza e quindi anche di distanza massima dal luogo di residenza.
Dimenticate le rassicurazioni arrivate lo scorso anno dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, la bozza sancisce che i percettori sono “tenuti” a dire sì a qualsiasi proposta di lavoro di durata non inferiore a un mese e con retribuzione non sotto i minimi salariali dei contratti collettivi firmati dai sindacati più rappresentativi (che non sempre è una garanzia di paghe decenti). Andranno bene anche i contratti part time se l’orario è almeno il 60% di quello del tempo pieno, ma pure questo paletto curiosamente cadrà per i contratti brevissimi (da uno a tre mesi), cosa che di sicuro piacerà ai datori di lavoro in cerca di stagionali e collaboratori a basso costo.
Addio congruità dell’offerta – Ma soprattutto nulla si dice a proposito della necessità che il posto sia perlomeno in una provincia o in una Regione vicina (fino allo scorso anno doveva essere entro gli 80 km). Di conseguenza, come ha fatto notare su Domani la responsabile Lavoro del Pd Maria Cecilia Guerra, un percettore di Gil con figli sopra i tre anni rischia di vedersi imporre un lavoro “a molta distanza da casa, per poche ore e con nessuna prospettiva di inserimento effettivo nel mercato”. Vero è che finora di offerte, ai percettori, ne sono arrivate ben poche. Ma se mai il nuovo “sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa” (Siisl) previsto dal decreto funzionerà, l’alternativa sarà tra accettare e perdere il sussidio. La relazione tecnica prevede non a caso, complici gli incentivi alle imprese che assumono, “un numero di assunzioni pari a 20mila/anno per i contratti a tempo indeterminato e 50mila/anno per i contratti a tempo determinato e stagionali“.
Giovani adulti nel limbo e senza aiuti – Difficile da spiegare, se non nella chiave offerta dalla premier, anche la scelta di “cancellare” i giovani. Al netto del minor peso assegnato ai figli minori, che si traduce in meno soldi (ma nel frattempo è entrato in vigore l’assegno unico che compensa), a colpire gli addetti ai lavori è il trattamento riservato ai ragazzi tra 18 e 30 anni. Come ha fatto notare Chiara Saraceno anche sul Fatto, i figli in quella fascia di età anche se non conviventi vengono inclusi nel nucleo dei genitori ma esclusi dalla scala di equivalenza: significa che non conteranno nel determinare il valore della Gil erogata alla famiglia. Ma, visto che non fanno nucleo a sé, non potranno nemmeno chiedere la meno generosa Gal. Resteranno in un limbo, a carico di genitori già in difficoltà. Sarà anche questo un modo per “favorire il lavoro”?