La Corte Costituzionale si è pronunciata ieri sulla questione sollevata dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino, la quale dubitava della legittimità del divieto di far prevalere le circostanze attenuanti sulla recidiva aggravata in relazione ai delitti puniti con l’ergastolo. Tale divieto è contenuto nel quarto comma dell’art. 69 del codice penale, per come modificato dalla legge cosiddetta ex-Cirielli del 2005.
Nella decisione di ieri, la Consulta (di fronte alla quale Antigone ha proposto le proprie ragioni con un atto d’intervento) ha affermato – “in continuità con i suoi numerosi e conformi precedenti sulla disposizione censurata”, come si legge nel comunicato stampa – che il divieto in questione è incostituzionale.
Come prevede ogni questione di legittimità costituzionale, la pronuncia della Corte origina da una vicenda giudiziaria concreta, in questo caso quella di Alfredo Cospito. Ma la decisione ha tuttavia valenza generale e intende puntare il dito su una norma non coerente con i principi sanciti dalla Costituzione italiana, la cui modifica avrà ricadute sull’intero sistema e sui procedimenti futuri.
La Corte ha sostenuto ieri che la pena dell’ergastolo, essendo di per sé fissa e non modulabile, esige che al giudice non venga sottratta libertà decisionale nel poter bilanciare circostanze aggravanti e attenuanti, come fa invece la norma censurata. In altre parole, il giudice deve poter valutare caso per caso, senza essere costretto a comminare la pena dell’ergastolo a prescindere dalla concretezza dei fatti compiuti.
Nel caso che ha dato origine alla decisione – che, si badi bene, non ha effetto diretto sul regime di 41-bis contro il quale si è indirizzata la protesta di Cospito attraverso lo sciopero della fame – il reato contestato è quello di cui all’art. 285 c.p., cosiddetto di strage politica, il quale si differenzia dalla strage comune non per l’elemento materiale del delitto bensì, come ha spiegato la Cassazione nel lontano 1985, solo per l’intento “di recare offesa alla personalità dello Stato”, in una visione tipica dell’epoca fascista in cui il codice è nato, secondo la quale l’individuo è sempre subordinato all’interesse dello Stato.
Come è noto, l’attentato presso la Scuola di Fossano del giugno 2006 per il quale Cospito è stato condannato all’ergastolo non fece morti né feriti. La Corte d’Assise d’Appello di Torino, proprio in considerazione dei danni limitati, chiedeva se non si dovesse riconoscere l’attenuante per i fatti di lieve entità, essendone tuttavia impossibilitata dall’art. 69 quarto comma messo ieri in discussione.
Naturalmente la decisione di ieri non significa che Cospito automaticamente non avrà più l’ergastolo. È esattamente il contrario: la decisione di ieri va contro gli automatismi. Restituisce libertà di valutazione al magistrato. Afferma che la decisione di comminare una pena perpetua non può che tener conto del singolo evento. La legge ex-Cirielli ha dato vita a un circuito penale parallelo e automaticamente più severo sulla base non della gravità del reato ma dei precedenti della persona, andando così a incidere negativamente sul percorso risocializzante della pena, che deve sempre avere valutazioni individuali.
Il diritto penale liberale, democratico, costituzionalmente orientato deve giudicare i fatti commessi dalle persone e non le loro biografie. Per questo non si deve mettere la recidiva al centro del giudizio nella determinazione della pena. La legge ex Cirielli è stata il simbolo del doppio binario della giustizia: prevedeva tempi brevi di prescrizione per i delitti dei colletti bianchi, di solito al primo reato, e automatismi punitivi per i recidivi, di solito legati alla piccola criminalità di strada e alla tossicodipendenza.
Fortunatamente la Corte Costituzionale ha negli anni, per ultimo ieri, smantellato pezzo per pezzo le previsioni della legge del 2005. Nonostante ciò, il tema viene riproposto in nuove forme e in nuovi disegni di legge (a volte dallo stesso Edmondo Cirielli), evidenziando così una scarsa attitudine al rispetto delle alte istituzioni del Paese.