Per liberarsi dal gas di Mosca che arrivava via gasdotto, i governi di mezzo mondo (compreso quello italiano) puntano sul business del Gas naturale liquefatto (Gnl) che arriva via nave da paesi segnati da conflitti e sistematiche violazioni dei diritti umani, come Egitto, Israele, Qatar e Nigeria, o dove sono forti gli impatti socio-economici e ambientali dell’estrazione e del trasporto del combustibile fossile. È il caso degli Stati Uniti, primo esportatore al mondo di Gnl, seguito da Federazione russa e Qatar. Si tratta di un business che in Italia vede in prima fila Snam (controllata al 31% dal Tesoro tramite Cdp) ed Intesa Sanpaolo. Fra il 2016 e il 2022, infatti, l’istituto di credito torinese ha concesso finanziamenti per 3 miliardi di dollari (2,7 miliardi di euro) alle prime venti società coinvolte nell’espansione del settore, nonché 890 milioni di investimenti al 1 gennaio 2023.
Nel rapporto “Sicurezza energetica per chi?” la ong ReCommon compie un viaggio intorno al mondo, dagli Stati Uniti alla Spagna, dall’Africa alla Russia. Perché il Gnl che arriva in Europa, continua ad arrivare anche da lì, a causa di alcune zone grigie nelle sanzioni imposte a Mosca dall’Ue. Nel 2022, le esportazioni russe sono cresciute del 10% e circa il 43% del totale ha avuto l’Unione europea come destinatario finale. Il report racconta costi e impatti dei crescenti interessi italiani nel Gnl, soprattutto di Snam e Intesa Sanpaolo che, negli ultimi anni, ha concesso 500 milioni di dollari di finanziamenti (prestiti e sottoscrizione di azioni e bond) alla società energetica di San Donato Milanese. “Tra questi – scrive ReCommon – la sottoscrizione di bond presentati come green, ma che nascondono in realtà investimenti fossili”. A questi, poi, si aggiungono 160 milioni di dollari di investimenti. “Il mantra della sicurezza energetica viene ripetuto a suon di dollari che entrano nelle casse di Intesa Sanpaolo sotto forma di interesse sui prestiti e stacco della cedola, a danno di comunità e territori sacrificati in nome di un business inutile e rischioso” commenta Daniela Finamore di ReCommon.
I nuovi piani sul Gas naturale liquefatto – Il Gnl viene portato dalla forma gassosa a quella liquida, per poter essere trasportato via nave in maggiori quantità, a una temperatura di -162°C. Giunto a destinazione, il gas viene portato presso i terminal, su terraferma o in mare, dove viene riscaldato e riportato in forma gassosa. Stando al nuovo piano strategico di Snam su 10 miliardi totali, 9 miliardi di investimenti saranno destinati a nuove infrastrutture a gas, mentre la società punta a garantire la copertura del 40% dei consumi di gas italiani attraverso il Gnl entro il 2026. “Lo Stato copre ogni rischio d’impresa e incentiva investimenti in nuovi gasdotti, terminal Gnl e depositi di gas pagati con i soldi degli italiani, a tutto vantaggio di Snam” aggiunge Filippo Taglieri di ReCommon. Tra le nuove infrastrutture incluse nel piano di Snam, ci sono i terminal di stoccaggio e rigassificazione galleggianti (Fsru-Floating and Storage Regassification Unit) di Ravenna e Piombino, entrambi con una capacità massima di stoccaggio di circa 170mila metri cubi e oggetto di proteste dei territori.
A marzo 2023 è arrivata al porto di Piombino la nave rigassificatrice Golar Tundra, acquistata da Snam per 330 milioni di euro, che rimarrà attraccata nel porto per almeno tre anni. A Ravenna, Snam ha acquisito la Ravenna Lng Terminal Srl, titolare di un terminal a largo delle coste di Ravenna, collegato al porto, che consentirà l’entrata in funzione nel 2024 della FSRU BW Singapore, già in corso di acquisizione da parte della società.
Il Gnl che arriva dagli Stati Uniti – Ma da dove proviene questo gas? Nel 2022, l’Italia è risultata il sesto importatore al mondo di Gnl proveniente dagli Usa. “Si può stimare che l’80% di questo gas sia di scisto, ovvero ottenuto attraverso l’utilizzo di pratiche molto invasive come il fracking o la trivellazione orizzontale” spiega ReCommon. Sono 99 le navi gasiere arrivate in Italia dagli Usa negli ultimi sei anni, 38 nel 2022. Questo gas viene estratto prevalentemente dal Permian Basin, importante giacimento tra il Texas e il Nuovo Messico. Texas e Louisiana, poi, ospitano gran parte dei terminal in cui avviene la liquefazione. Dal 2016 a oggi, Intesa Sanpaolo ha erogato 2,1 miliardi di dollari alle società che continuano a espandere l’industria del Gnl nel Golfo del Messico “regione già martoriata da eventi climatici estremi, dalla concentrazione di impianti industriali e ora sacrificata sull’altare del Gnl per i mercati asiatici ed europei”.
Oltre alle più note corporation come Exxon Mobil, a guidare lo sviluppo del settore negli Usa, ci sono società emergenti, come Cheniere Energy, il maggiore esportatore di Gnl. Primo destinatario dei finanziamenti di Intesa Sanpaolo, ha in mano circa il 50% di questo business. Gestisce anche Sabine Pass Lng, in Louisiana, il più grande terminal operativo di Gnl negli Usa, con una capacità annua di 30 milioni di tonnellate all’anno. A pochi chilometri da Sabine Pass, ma in territorio texano, si trova un altro impianto finanziato da Intesa Sanpaolo: Freeport Lng, secondo terminal più grande degli Usa e sesto nel mondo, dove a giugno 2022 si sono verificati un incendio e un’esplosione. “È stato confermato l’errore umano – racconta il report – derivante dai ritmi di lavoro sempre più alti imposti al personale”. Freeport ha riottenuto l’autorizzazione per un riavvio parziale delle proprie attività.
Gli interessi nel Sud del Mondo – Ma quello del Gnl è un business in espansione anche nell’America del Sud. In Cile, nel parco industriale di Quintero-Puchuncaví c’è anche Enel con una centrale a gas e il terminal Quintero Lng, il primo impianto di rigassificazione costruito nell’emisfero sud, nel 2009. Intesa Sanpaolo partecipò a un finanziamento di 1,3 miliardi di dollari e, a luglio 2022, ha sostenuto con 78 milioni di dollari un accordo di 700 milioni, necessari all’acquisto dell’80% delle azioni di Quintero Lng da parte della società belga Fluxys e del fondo d’investimento Eig. Discorso a parte per il Gnl proveniente dall’Africa. L’italiana Eni e la statunitense Exxon Mobil sono capofila, in Mozambico, di Rovuma Lng, mega-progetto da 30 miliardi di dollari la cui costruzione è stata rinviata per ragioni di sicurezza.
“Ora che anche il progetto Mozambique Lng di TotalEnergies riprenderà nei prossimi mesi – spiega ReCommon – ricomincia la caccia ai finanziamenti per Rovuma, in un contesto di crescente instabilità socio-politica e di collasso ecologico nella zona di Cabo Delgado”. Bnp Paribas e UniCredit si sono tirate fuori “ma tra i potenziali finanziatori c’è ancora in lizza Intesa Sanpaolo, sia per la storica esposizione finanziaria nei confronti di Eni ed Exxon, sia perché nel 2017 – sempre in Mozambico – Ubi Banca (ora parte di Intesa Sanpaolo) partecipò con 110 milioni di dollari al finanziamento di Coral South, nave galleggiate di Gnl di Eni”.
Le mire sulla Sardegna e gli impianti che si espandono – In Italia, il Gnl arriva presso gli impianti di rigassificazione controllati o partecipati da Snam. Il più grande terminal Gnl è l’Adriatic Lng, costruito al largo di Rovigo e controllato da Exxon Mobil, QatarEnergy e Snam. Il più datato è Panigaglia Gnl, vicino a La Spezia, di proprietà di Snam attraverso la controllata Gnl Italia e costruito a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Il più recente è Olt, Offshore Lng Toscana, al largo di Livorno. Controllato da Snam (49,7%) l’impianto è una Fsru entrata in funzione nel 2014, dopo anni di ritardi e costi schizzati alle stelle. Sono in fase di espansione l’Olt, che passerà da 3,75 a 5 miliardi di metri cubi di capacità e l’Adriatric Lng, che passerà a 9 miliardi di metri cubi all’anno, mentre sembra che la Exxon Mobil voglia cedere delle quote (e Snam arrotondare la sua). La decisione è stata presa dal governo Draghi e fa parte del primissimo pacchetto di misure in risposta all’invasione russa dell’Ucraina, nella cornice di REPower EU.
I piani di Snam, però, portano in Sardegna. “Che sia russo, a stelle strice o qatariota – commenta ReCommon – il Gnl dovrebbe poi approdare in Sardegna, facendo deragliare il percorso di giusta transizione energetica per l’isola”. Il piano strategico di Snam prevede, infatti, due unità galleggianti per l’import da collocare a Portovesme e Porto Torres, che riceveranno gas unicamente da quelli di Panigaglia e Livorno. A loro volta, però, questi due terminal, dovrebbero ricevere il gas che arriva dalla Spagna che, però, racconta la ong, lo importa anche dalla Russia. Si tratta di una ‘pipeline virtuale’, un collegamento di navi bettoline per il trasporto di gas liquefatto che dovrebbero fare da spola tra i terminal in Liguria e Toscana e la Sardegna. Come ricorda ReCommon, però, per la stessa Arera “il piano rischia di essere modellato su una domanda di fatto insufficiente a giustificare l’investimento nelle infrastrutture”.