Come sta andando davvero il Pnrr? Ancora non lo sappiamo con esattezza e i dibattiti delle ultime settimane potrebbero essere stati falsati da dati incompleti. Dopo gli avvertimenti dell’Anci, ora è l’Ufficio parlamentare di bilancio a ufficializzare che “la principale fonte di informazione ufficiale sullo stato di attuazione del Piano, ReGiS“, è piena di buchi: “Presenta limiti in termini di completezza e tempestività dell’informazione” e “non appare ancora in grado di fornire adeguate informazioni per una solida valutazione del grado di attuazione del Pnrr e delle sue prospettive future né della spesa realizzata e realizzabile” anche se è possibile dire che finora “l’attivazione di investimenti pubblici è stata moderata“. Insomma: a due anni dall’avvio del piano la trasparenza è un’illusione e il governo stesso non ha basi solide su cui decidere, nei prossimi mesi, quali modifiche proporre alla Ue.
Il quadro sconfortante è emerso dall’audizione della presidente dell’Upb Lilia Cavallari sul Def davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. L’organismo indipendente ha validato il quadro programmatico, cioè l’andamento di pil, deficit/pil e debito/pil a valle degli interventi preannunciati dal governo. Ma ha anche avvertito che si naviga a vista, in un “contesto di incertezza dal punto di vista sia dello scenario macroeconomico sia delle prospettive di finanza pubblica”. Da un lato c’è appunto l’incertezza sulle modifiche al Pnrr, dall’altro quella che deriva dalle “informazioni generiche sulle risorse da dedicare alle politiche invariate e sugli interventi che concorreranno alla loro copertura“. Nell’insieme, ha spiegato Cavallari, “sembrerebbero necessarie cospicue risorse di copertura che appaiono difficili da reperire, dopo il periodo di risanamento del recente passato, mantenendo i livelli attuali di prestazione dei servizi e politiche sociali”.
Servono soldi innanzitutto per le politiche invariate, a partire dal rinnovo dei contratti del pubblico impiego. L’Upb ricorda che “è forte il rischio di aumenti significativi a causa dell’inflazione cumulata” e “le risorse stanziate nella legge di bilancio, ai fini dei rinnovi contrattuali, riguardano solo le Amministrazioni centrali e analoghe risorse devono essere reperite per il rinnovo delle Amministrazioni locali che verosimilmente non saranno in grado di trovarle all’interno dei propri bilanci”. Questo sarà “di particolare rilevanza se si considera che nell’arco temporale del DEF rientrano sia il triennio economico di contrattazione 2022-24 di tutti i comparti pubblici sia i due terzi di quello successivo (2025-27)”.
Per quanto riguarda la spesa sanitaria, “si ricorda che in Italia essa risulta inferiore alla media europea – con conseguenze sfavorevoli sulla qualità dei servizi offerti – con la possibilità che si renda necessario il rifinanziamento del servizio sanitario nazionale”. Quanto alla annunciata “riduzione del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, indicata come temporanea, non è chiaro come si raccordi con gli interventi strutturali previsti nel disegno di legge delega per la riforma fiscale”. Per quanto riguarda la possibilità di una riduzione della tassazione nell’arco della legislatura, “si fa riferimento, tra le possibili coperture, a una maggiore collaborazione tra fisco e contribuenti. Interventi volti ad aumentare la compliance sono desiderabili ma i loro effetti finanziari sono di incerta quantificazione ex-ante e possono emergere solo gradualmente nel tempo; per il principio di prudenza, è auspicabile che non vengano utilizzati a copertura di interventi strutturali di riduzione del carico fiscale”. Infine, alcuni tra i provvedimenti collegati elencati nel Def come quello sulla disciplina pensionistica “potrebbero richiedere risorse aggiuntive, di cui va individuata adeguata copertura finanziaria”.
Il Pnrr sarebbe poi “un elemento fondamentale di cui tenere conto nella valutazione delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica”. Secondo le analisi dell’UPB l’impatto macroeconomico sarebbe di circa 3 punti percentuali di Pil alla fine del periodo (2026), valutazione “leggermente inferiore a quella contenuta nel DEF (pari al 3,4 per cento)”. Nei primi due anni del programma l’attivazione di investimenti pubblici “è stata moderata, per cui occorre un forte recupero della capacità di spesa nel corso dell’orizzonte di previsione del DEF per compensare i ritardi. Appare necessario che la rimodulazione del PNRR prospettata dal Governo sia realizzata senza comportare ritardi e orientata al sostegno alla crescita economica potenziale”.