“Quando sono nata avevo un puntino nell’occhio. Pensavano a un trauma da parto. Invece era un qualcosa destinato a crescere con me e a segnare per tutta la mia vita il mio volto“. Così inizia il monologo di Carlotta Bertotti, che durante la puntata de ‘Le Iene‘ del 18 aprile ha voluto raccontare la convivenza con la macchia che le ha coperto metà del volto. “Si chiama Nevo di Ota, è un’alterazione benigna dei pigmenti. Beh, benigna si fa per dire, perché ha iniziato a farmi male fin da piccola”.
Come racconta lei stessa, l’influencer ha impiegato anni ad accettare la sua ‘diversità’, vivendo nel timore degli sguardi altrui e del giudizio: “Prima di andare a scuola passavo le ore al trucco e indossavo una lente a contatto speciale per non essere costretta ad affrontare sguardi e domande. Avevo alzato un muro intorno a me. Nessuno poteva vedere chi fossi tranne la mia famiglia e me e allo specchio vedevo solo un fenomeno da baraccone, una persona sbagliata”.
A un certo punto, Carlotta decide però che è ora di smette di nascondere il suo volto agli altri e soprattutto a sé stessa, mostrandosi ai suoi amici per come è realmente :” Un giorno ho detto basta. Era estate, ero in spiaggia, lì con dei miei amici senza dir loro nulla mi sono struccata e ho chiesto: notate qualcosa di strano? Niente. Silenzio. Una liberazione. Per diciotto anni avevo nascosto il mio aspetto e per sforzarmi di assomigliare agli altri avevo smesso di somigliare a me. Oggi invece ho capito che non mi devo nascondere, che posso usare la mia unicità per aiutare gli altri a esprimere loro stessi. Sentirsi diversi fa paura ma è proprio nelle differenze che ti puoi scoprire speciale, forse prezioso e quindi se ti fissano, lasciali fissare“.
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La modella ha anche pubblicato un post su Instagram a seguito della puntata, dove ha spiegato ai suoi follower cosa l’abbia spinta a partecipare al programma per raccontare la sua storia:” Ritrovare l’umanità per far capire che non ci si deve sentire sbagliati, questo lo si può fare anche raccontando la storia della propria unicità in un mondo dove è ancora diffusa una corsa alla perfezione colma di insicurezza.”