Spiragli di tregua in Sudan. L’esercito ha fatto sapere, con una nota ripresa da al-Jazeera, di essere pronto ad accettare un cessate il fuoco di tre giorni per consentire alla popolazione di celebrare la festa musulmana di Eid al-Fitr che conclude il mese sacro del Ramadan. Le forze armate hanno detto di “sperare” che anche i rivali delle Forze di supporto rapido (Rsf) “rispettino tutti i requisiti della tregua e fermino qualsiasi mossa militare che possa ostacolarla”.
Una notizia che darebbe un po’ di ossigeno a un Paese che dall’inizio degli scontri, esplosi circa una settimana fa, ha già pagato un prezzo altissimo: si parla infatti di almeno 600 morti e 3.551 feriti. Esplosioni e colpi di arma da fuoco si sono uditi a Khartoum anche nelle prime ore di venerdì, primo giorno di Eid al-Fitr. Tra le persone uccise c’è anche un operatore dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) dopo che “il veicolo su cui viaggiava con la sua famiglia è stato colpito in uno scambio di colpi di arma da fuoco fra le due parti belligeranti”. Anche un cittadino americano, come confermato dal Dipartimento di Stato, è rimasto ucciso negli scontri. Al momento non si hanno altre informazioni se non che l’uomo non lavorava per l’ambasciata a Khartum. Gli Usa precisano comunque che “ci stiamo preparando ad evacuare l’ambasciata in Sudan se necessario, ma non siamo ancora arrivati a quel punto”. Intanto nella capitale la residenza dell’Ambasciatore di Francia è stata “assaltata da una banda di miliziani sbandati” che però sono stati “respinti”. Inoltre “una bomba – ha riferito una fonte qualificata – è caduta a breve distanza dall’Ambasciata di Francia”.
Anche l’Unione europea si è mossa per garantire l’incolumità dei propri cittadini, così sta pianificando la loro evacuazione da Khartoum appena la situazione della sicurezza lo consentirà. “Stiamo provando a coordinare un’operazione per evacuare i nostri civili dalla città, la cui situazione è ora ad alto rischio. Stiamo lavorando a differenti opzioni per evacuare le persone – ha detto un funzionario dell’Ue – Al momento, la valutazione di coloro che operano sul campo, tra cui l’ambasciata Ue, è che non ci sono le condizioni di sicurezza per procedere con un’operazione di questo tipo”. Il funzionario ha precisato che l’Ue e sette Stati membri con missioni in Sudan, tra cui Italia, Francia e Germania, provano a evacuare circa 1.500 cittadini europei, visto che l’aeroporto è chiuso, ma un’operazione del genere richiederebbe tre giorni di cessate il fuoco. “Seguiremo la situazione da vicino attendendo il momento in cui potrà essere possibile. Al momento, la nostra aspettativa è che saremo pienamente preparati ad andare avanti con l’evacuazione dei nostri cittadini”.
Prima dell’alba, come ogni mattina dal 15 aprile, sono esplosi colpi di arma da fuoco e raid aerei, riferiscono testimoni. “Nella notte diversi quartieri di Khartoum sono stati bombardati e sono tuttora oggetto di bombardamenti e scontri tra l’esercito e (i paramilitari) delle Forze di supporto rapido (Rsf)”, ha detto questa mattina il sindacato dei medici. Ieri, i contatti diplomatici si erano intensificati: il generale Abdel Fattah al-Burhane, capo dell’esercito e capo de facto del Sudan dal putsch del 2021, aveva annunciato di essere stato contattato dai leader della regione regionali dal capo dell’Onu Antonio Guterres e dal segretario di Stato americano Antony Blinken. Tutti avevano chiesto la fine dei combattimenti contro i paramilitari della Fsr del generale Mohamed Hamdane Dagalo, il suo numero due dopo il putsch, per l’Eid al-Fitr, che segna la fine del digiuno del Ramadan. Le stesse Fsr hanno annunciato “il loro accordo per una tregua di 72 ore“. Ma contemporaneamente il generale Burhane è apparso per la prima volta dall’inizio delle ostilità alla televisione di Stato. Ha pronunciato un discorso alla nazione in occasione dell’Eid senza mai accennare ad alcuna tregua.
Il dipartimento della Difesa Usa intanto ha iniziato a pre posizionare militari nel caso si renda necessaria l’evacuazione di emergenza del personale diplomatico e di altri americani dal Sudan. Biden ha deciso nei primi giorni della settimana, dopo che un convoglio americano a Khartoum è stato preso di mira e due tentativi di cessate il fuoco sono falliti, di spostare forze ed equipaggiamenti in una base “vicina” a Gibuti. “Nessuna decisione è stata ancora presa sull’evacuazione”, ha precisato Kirby, precisando che i funzionari americani in Sudan “si stanno riparando nelle loro case o posti di lavoro anche se il dipartimento di Stato sta cercando di riunire il personale in un luogo centrale di Khartoum”.