All the Colours of the World are between black and white è il lunghissimo titolo dell’opera del regista nigeriano Babatunde Apalowo, presentata a Lovers Torino, primo film nigeriano nella storia dei Festival Lgbtq+. In realtà non è il primo film nigeriano con personaggi omosessuali: nella sterminata produzione di Nollywood sono presenti molte pellicole che rappresentano gay, lesbiche, trans e personaggi non binari in genere, ma in modo stereotipato, dice Babatunde, e da un punto di vista piuttosto o molto omofobico. In un modo insomma piuttosto coerente con la omofobia dominante, che non a caso ha portato e porta a pratiche esorcistiche o direttamente ai linciaggi.

Questo di Babatunde Apalowo, primo premio alla Berlinale gay, è il primo film in cui i personaggi – in questo caso due uomini gay – sono visti in modo empatico e solidale. E’ una fiction, una storia immaginaria ma realistica, ambientata tutta in una Lagos sovraffollata, minimalista, modesta, spesso anonima ma pur sempre africana.

Anche se conosco le discrezioni e gli arrovellamenti dei gay nigeriani (ho seguito i casi di alcuni richiedenti asilo in Italia), ancora ingenuamente mi aspettavo forse storie calde, piccanti, danzanti e tragiche. Ma questa Nigeria di Apalowo è tutt’altro che Brasile. Il protagonista del film, un rider non più giovanissimo, è un uomo timido, taciturno, un po’ goffo e insicuro. Ciò nonostante suscita le passioni parallele di una vicina di casa e di un “venditore di scommesse”, più giovane estroverso e creativo, con l’hobby della fotografia.

Apalowo è un film-maker cresciuto tra Nigeria e Gran Bretagna e si vuole definire storyteller, raccontatore di storie. C’è un episodio drammatico alla base della scelta di girare un film come questo in Nigeria.

Incontrando un vecchio amico, aveva chiesto notizie di un altro vecchio compagno di scuola e di collegio universitario, e così aveva appreso che questi, identificato come omosessuale, era morto vittima di un linciaggio a Benin City. Guardacaso la città da cui proviene la maggior parte dei rifugiati gay nigeriani in Italia. La vicenda del linciaggio omofobo ha profondamente impressionato il regista Apalowo. “Mi sono quasi sentito in colpa – mi racconta – Perché non era riuscito a parlare con me del suo orientamento? Da quel momento ho osservato e notato molto più acutamente l’omofobia quotidiana, quanto ci circonda e ho pensato che la prossima storia la dovevo dedicare a questo tema”.

Ci sono dei brevi episodi di violenza nel film, un pestaggio omofobico in particolare, ma in generale tutto è permeato da una atmosfera di tensione sì, ma quasi delicata. E’ un film sull’omofobia? “La macchina da presa è puntata sugli attori, sui caratteri. L’omofobia è nel retro, è qualcosa che avverti, ma non è qualcosa su cui è puntata la macchina da presa”. Così mi ha detto Apalowo. L’omofobia è interiorizzata e impedisce soprattutto al protagonista – ma alternativamente anche al suo potenziale partner – di esprimere e concretizzare l’amore.

Anche se… non è detto, non è necessariamente sempre così. Mi è venuta in mente la storia di un gay nigeriano che l’Italia non ha riconosciuto e protetto e che anzi ha espulso un paio d’anni fa. Da Lagos mi ha mandato messaggi e saluti e richieste d’aiuto per la situazione economica in cui si trova. Ma mi ha mandato anche la notizia di aver trovato un valido partner coetaneo con cui condivide la casa e le difficoltà della vita.

Tornando al film, ora per Apalowo è il momento promozionale, il momento dei festival dei festival. Poi bisognerà decidere cosa fare. “Girare questa storia in Nigeria è stato difficile – spiega – soprattutto per il cast. E’ stato veramente difficile trovare attori disposti a fare queste parti”. Sarà possibile proiettare All the Colours etc.. nelle sale nigeriane? Forse solo in alcune, molto particolari. E una eventuale probabile diffusione in streaming verrà ostacolata? Ecco che questo film, pacato, delicato, intenso e casto, diventerà un banco di prova dello stato di avanzamento dei diritti umani in Nigeria. Apalowo si definisce moderatamente ottimista (“ultimamente non risultano più linciaggi ma caso mai solo aggressioni”) ma in Nigeria, come nella maggior parte dei paesi africani, i rapporti omosessuali sono fuori legge, con pene possibili fino a 14 anni. Per non parlare delle zone controllate da Boko Haram.

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