Spesso mi capita di pensare che se per ogni convegno, meeting o festival su natura, ecologia e pianeta ci fosse una riduzione di CO2 probabilmente avremmo risolto il problema della crisi climatica. Ovviamente non voglio dire che questi eventi non siano importanti, ci mancherebbe, lo sono e tantissimo. Mi pare però, e la sensazione è accentuata proprio nella giornata della Terra, dove è tutto un profluvio di iniziative, celebrazioni, incontri, che talvolta tutte queste iniziative, spesso portate avanti anche da aziende ansiose di mostrare il loro impegno ecologico, non sempre proprio coerente con quanto dichiarano, più che chiarire un po’ ci confondano. O meglio ci distolgano da quello che dovrebbe essere il vero obiettivo, almeno quello di una festa della Terra: parlare di emissioni. Che non scendono.
Secondo un rapporto dell’International energy agency (Iea) relativo al 2022, i massicci investimenti in fonti rinnovabili hanno frenato una crescita impetuosa della CO2, che tuttavia resta di poco meno dell’1%. Lontanissimo dagli obiettivi di riduzione che dovremmo raggiungere per andare verso la neutralità climatica del pianeta. Restiamo, in pratica, nello scenario del “business as usual”, quello peggiore, e d’altronde gli effetti sono ormai manifesti anche nel nostro paese. Non più notizie di alluvioni lontani dei quali potevamo disinteressarci oppure di tornado devastanti sulle coste degli Stati Uniti.
Oggi è l’Europa che, incredibilmente, deve fronteggiare qualcosa di inimmaginabile per noi come la siccità strutturale e la carenza di acqua. E non ci sono soluzioni vere all’orizzonte (tanto meno da noi, dove purtroppo il commissario a un tema che riguarda la nostra sopravvivenza, l’acqua, è un politico che di clima e ambiente non sa nulla, né ha l’umiltà di apprendere, come Matteo Salvini).
Ma il problema a mio avviso è il fatto che, in Italia e non solo, si parla troppo poco del legame tra questi fenomeni e la riduzione di CO2. E che una CO2 che non scende rappresenta la questione principale, la notizia che non dovrebbe mai mancare. È vero che, purtroppo, il dato delle emissioni, fornito così nella sua brutalità, spesso è sconfortante. Produce anche un senso di impotenza, “ma come, nonostante tutto quello che facciamo, le emissioni non scendono?”. E tuttavia, come ricorda sempre Greta Thunberg, quello delle emissioni è il dato che più dovrebbe interessarci e allarmarci, al di là dei comprensibili sentimenti che produce (anche in me).
La soluzione, ovviamente, è a livello globale. E la prospettiva non è proprio buonissima visto che il più importante negoziato per il clima, la Cop28, si terrà in un paese, Dubai, i cui interessi sono del tutto legati al fossile. Un negoziato che rischia di essere una vetrina di greenwashing mai vista. Intanto, però, quello che giornali e media possono fare, ad esempio nel nostro paese, è non dimenticare mai di riportare il discorso sulla questione delle emissioni e sul legame tra aumento delle stesse e vita sul pianeta. Poi, ovviamente, va bene parlare di tutto il resto, va bene raccontare tutto ciò che di buono e di interessante si sta facendo, va bene fare incontri, meeting, celebrare e parlare di ecologia sotto ogni punto di vista.
Ricordando però, penso, che il modo migliore per celebrare la festa sulla Terra è non scordare mai il tema duro e certamente un po’ angoscioso della CO2 che cresce. Perché la cosa migliore che possiamo fare per il pianeta è concentrare le nostre azioni e i nostri pensieri su come possiamo drasticamente ridurla. Sembra banale però tra un festival e l’altro, spesso lo si dimentica.