“Parlando di meraviglia e Italia avevamo bisogno di un testimonial all’altezza, qualcuno di molto moderno, ma con una grande storia alle spalle, magari una virtual influencer contemporanea, ma che fosse anche una icona dell’Italia nel mondo, riconoscibile da tutti attraverso un semplice sguardo e il segno inconfondibile dei suoi capelli”.

La nuova campagna internazionale di promozione turistica del Ministero del Turismo ed Enit, “Italia: open to meraviglia”, realizzata con il contributo del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio, è fatta! Con immagini suggestive, naturalmente. E un testo che è un succedersi di “meraviglia” e di “meravigliare”, coniugato all’occorrenza. Con insistente banalità. Insistente, ma non “nuova”. Perché già Matteo Renzi se ne è servito, tante volte, ai tempi dei suoi splendori. Soprattutto a proposito di Pompei.

Insomma, sembra proprio che al potere piaccia servirsi di un lessico “rassicurante” riferendosi ad ambiti della Cultura nostrana. Che si tratti dell’intera Italia oppure di una delle aree archeologiche più attrattive, poco importa. Quel che conta è evocare lo stupore. Richiamare la bellezza. Veicolare il messaggio che lo stivale, con tanto di isole, sia un Eden, nel quale si possa tranquillamente passare dalla Porta Palatina di Torino alla villa di Piazza Armerina, senza incontrare brutture di ogni tipo. Senza attraversare parti di città “sbagliate”. Territori indubitabilmente vandalizzati. Quel che conta è raccontare all’Italia, ma anche all’Europa, al mondo, una storia irreale. Che non esiste. Sono reali i monumenti. Alcuni frammenti di paesaggio. Per il resto si tratta di una ricostruzione, posticcia.

Ma dal momento che lo scopo è suscitare meraviglia, ecco la trovata! L’idea che permette di far rimanere a bocca aperta, davvero. Prendere la Venere di Botticelli, “una delle donne più conosciute al mondo”, secondo la definizione nella presentazione della campagna, sul portale del Ministero del Turismo, e farne una virtual influencer. Dal nome sui social, “Venereitalia23”, che sembra quello di un taxi, almeno a Roma. “Ho 30 anni. Qualcosina in più, per la verità… Coi capelli sempre al vento giro l’Italia per mostrarvi i nostri luoghi meravigliosi. E tutte le nostre eccellenze. Vi racconterò di bellezza. Parlando dell’Italia, lo so, è facile. E poi di cultura, cucina, musica, ospitalità e arte. E di arte, capirete, me ne intendo abbastanza”, spiega nel video. Che piuttosto che essere uno spot è un messaggio commerciale. Come si trattasse di divani. Oppure di biscotti. Non può essere definita una televendita, evidentemente. Ma è qualcosa che gli si avvicina, molto. Venere, anzi Venereitalia23, vende l’Italia. Chiaramente.

“La campagna, – ha commentato il ministro del Turismo Daniela Santanchèserve per vendere la nostra Nazione e le nostre eccellenze, in un modo inedito, mai fatto in Italia prima d’ora… noi dobbiamo saper vendere l’Italia”. Voler pubblicizzare il patrimonio storico-artistico-archeologico e quello eno-gastronomico è doveroso. Anzi, sacrosanto. Farlo, ricorrendo all’immagine della vendita è sbagliato. E’ sbagliato di certo nella forma, che poi è anche sostanza. Insomma non è una questione puramente lessicale, anche se è indubitabile che il vocabolario utilizzato per l’operazione sia tutt’altro che uno spot all’Italia. Alla sua lingua.

Il problema non sono i capelli di Venere. E neppure il suo abbigliamento. Anche se confesso che vederla acconciata da influencer un certo effetto lo fa. Effetto negativo, a dire il vero. Lo stesso che proverei se vedessi la Gioconda con la frangetta e le ciglia finte. Il problema è un altro. E’ l’idea che tutto sia lecito pur di fare cassa. Nella circostanza “vendere la nostra Nazione”. Da anni affittare qualsiasi struttura variamente storicizzata per eventi privati di qualsiasi tipo.

Possibile che non ci sia nessuno che si meravigli di tutto questo? Si meravigli ed agisca, di conseguenza.

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