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Venere di Botticelli in stile Ferragni? Dal sito di Rutelli ad Apicella, fino alla ‘cosa’ di Franceschini: tutte le mandrakate per web-rilanciare il turismo in Italia

“America facce Tarzan!”. Anzi: “Plis visit auar uebsite”. Era il 2007 e l’allora ministro dei Beni Culturali, Francesco Rutelli, traccheggiava tra frizzi e lazzi dei turisti increduli. “Plis visit aur cantri ui uill uelcome iu uormli and uid better organaisescion”, implorava con fare accorato l’ex sindaco di Roma. Anche se poi l’internazionalissimo Portale Italia, la vetrina turistica web del nostro paese nel mondo che l’ex radicale lanciò in un video su Youtube durò il tempo di un caffè al bar. 45 milioni di euro di spesa e un anno striminzito di vita online. Cosa volete che siano a confronto i 9 milioncini per la campagna pubblicitaria della Venere botticelliana che passeggia felice, con la testina storta, vestita come la Ferragni (sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi dixit), tra una pizza, un mandolino e er colosseo che la ministra del turismo Santanchè ha voluto presentare alla stampa?

Governo che va, stereotipi dell’Italia che ri-trovi. Mentre Sandro Bondi, il fidato ministro della cultura del Berlusconi IV era intento a pubblicare appassionate poesie d’amore, fu direttamente il Cav, con assist della ministra del turismo Brambilla, a invitare gli italiani sullo stesso portale in cui svetta oggi la Venere in bicicletta ai Fori ImperialiItalia.it – a fare le vacanze…in Italia. Altro che “questa è l’Italia il paese che amo”. Berlusconi la mise sul suadente e sulle solite banalità da cartolina prima che sbucasse Apicella con chitarra: “Un paese unico fatto di cielo, di sole, di mare, ma anche di storia, cultura e di arte. Un paese straordinario che devi ancora scoprire: impiega le tue vacanze per conoscere meglio la tua magica Italia”. Insomma, come diceva Stefano Accorsi davanti alle turiste in spiaggia: “du is megl che uan”.

Ed ecco che dove Rutelli franò con inglese e uebsite, si infilò il flaneur della letteratura al sugo (con salama), plenipotenziario cultural turistico architettonico del centrosinistra, il pluriministro della Cultura (governi Renzi, Gentiloni, Conte II, Draghi), Dario Franceschini. Siamo nel 2010 e c’è sempre bisogno, come il pane e la pioggia, del “solito” rilancio del turismo in Italia. L’autore dell’epocale romanzo Daccapo o del saggio basculante Con la cultura non si mangia?, finisce al dicastero di Collegio Romano per la prima volta col governo Renzi nel 2014. E qui il cruccio si ripete. Bisogna fare la rivoluzione. Non dei salari o del welfare ma la “grande rivoluzione digitale del turismo italiano”. Ad occuparsene è il sodale Stefano Ceci che è incaricato della “rivoluzione”: qui con il nome di TDLab.

Titoloni dei giornali. L’Europa ci guarda. Oramai qui è tutto web. Ma il TDLab istituito nel maggio 2014, ad ottobre 2014, cinque mesi dopo, chiude veloce i battenti, pardon: il collegamento web. “Avendo esaurito i propri compiti si scioglie”, spiega il ministro. Così un altro mirabolante piano strategico di rilancio del turismo rimane nel cassetto. Anche se la gaffe del ministro del Turismo meno nota ma più eclatante del nuovo secolo spetta nientemeno che a Michela Vittoria Brambilla. La pasionaria berlusconiana nel 2011 fa visita al Vinitaly di Verona e viene pizzicata dai fotografi mentre compie uno sfregio antinazionale che farebbe andare in bestia il ministro Lollobrigida. Brambilla esausta, evidentemente in crisi di ossigeno dovuto alla maratona stand dopo stand, prima di togliersi i tacchi (“c’ho i piedi come du zampogne”), si accomoda ad un tavolo: scansa il flute di prosecco, il goccetto di Garganega, le bolle di Pignoletto e si sgargarozza un bicchierone di Coca Cola.