Ci mancava anche al pasta a flagellare le buste paga dei lavoratori italiani già alle prese con un drammatico calo del potere d’acquisto di fronte a prezzi in generalizzato e forte aumento. Secondo le rilevazioni di Assoutenti l’alimento simbolo della dieta mediterranea ha subito in marzo una vera e propria impennata del prezzo medio che si attesta ora a 2,13 euro al kilo. Tra i vari capoluoghi il record spetta ad Ancona, dove il prezzo medio si è attestato a 2,44 euro al chilo. In seconda posizione troviamo Modena (2,41 euro) seguita da Cagliari (2,40 euro), Bologna (2,39 euro) e Genova (2,38 euro). La città più economica è Cosenza, dove un chilo di pasta costa in media 1,48 euro, seguita da Palermo e Siracusa (1,50 euro al kg).

Solo 12 province italiane registrano oggi listini medi della pasta inferiori ai 2 euro al kg, e tra la città più costosa e quella meno cara (Ancona e Cosenza) la differenza di prezzo è del 64,8%, pari a quasi 1 euro in più al chilogrammo. Se si confrontano i prezzi attuali con quelli di marzo 2022, si scopre che i rincari più pesanti si registrano in diverse province della Toscana: il record spetta a Siena. L’associazione ha deciso di coinvolgere “Mister Prezzi “affinché faccia chiarezza sull’andamento dei listini di spaghetti, penne, etc anche e soprattutto perché l’andamento dei prezzi non collima con l’andamento dei listini internazionali del grano.

In valori assoluti il prezzo rimane basso se confrontato a quello di altri genere alimentari ma gli aumenti sono significativi e in caso di un consumo sostenuto rischiano di farsi sentire sui conti di chi, sempre di più, fatica a raggiungere fine mese. In tutto questo il governo continua a predicare la moderazione salariale nonostante persino la Banca centrale europea abbia sconfessato questo approccio, visto che l’inflazione è causata in larga misura dai profitti delle aziende che, propio come nel caso della pasta, aumentano i prezzi più di quanto siano cresciuti i costi.

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