Dalla festa dei lavoratori al fare la festa ai lavoratori il passo è breve. Lo dimostra l’ordine del giorno che si sta apparecchiando per il Consiglio dei ministri del prossimo primo maggio. La data è stata scelta dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il primo maggio si lavora insomma. E già non è un bel segnale. Il primo punto del Cdm sarà la riforma in senso restrittivo del Reddito di cittadinanza o di quel che ne rimane. Al di là delle tecnicalità la sostanza è meno soldi a meno persone, con le famiglie con più figli particolarmente penalizzate. Ci sono poi interventi per precarizzare ulteriormente il mercato del lavoro. In particolare dai contratti a termine spariranno le causali, ossia la specificazione del motivo per cui una persona viene assunta e con quali compiti, la cui definizione viene rimandata alla contrattazione aziendale o addirittura individuale, circostanze in cui il potere contrattuale del lavoratore risulta molto ridimensionato, accrescendo i margini per gli abusi dello strumento. Probabilmente gli accordi dovranno essere certificati dai consulenti del lavoro, la cui associazione è guidata dal marito della ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone.
Ci sarà in compenso la mancetta del mini taglio al cuneo fiscale. Stiamo parlando di circa 16 euro al mese di media nella busta paga. Così il governo Meloni vuole chiudere la questione degli adeguamenti salariali per far fronte ad un’inflazione che rimane alta e penalizza soprattutto i ceti più deboli. Al momento non è presente nessuno stanziamento per rinnovare il contratto del pubblico impiego. Come ricorda il segretario della Cigl Maurizio Landini intervistato oggi da Repubblica i sindacati sanno poco delle modifiche a cui si lavora visto che il governo non li ha mai convocati per discuterne.
Piovono critiche dalle opposizioni. “Il governo sceglie di sferrare un nuovo e dirompente attacco al mondo del lavoro proprio nel giorno in cui si festeggia la festa di milioni di lavoratrici e lavoratori. Da questa decisione non traspare solo un cattivo gusto, ma anche una totale inconsapevolezza di quelli che sono gli effetti della precarietà e delle disuguaglianze che gravano sulla pelle di milioni di italiani, già costretti a far fronte ai costi derivanti dall’inflazione e dal caro bollette”, afferma Francesco Silvestri, capogruppo M5s alla Camera. “Il prossimo decreto lavoro del governo Meloni taglia le risorse contro la povertà (-12% nel 2024, -25% nel 2025 e -31% nel 2026 rispetto agli stanziamenti precedenti) e allarga le possibilità di ricorrere al lavoro precario. Approvarlo il primo maggio è una provocazione”, afferma Antonio Misiani, responsabile economia della segreteria nazionale del Pd.
Secondo Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro del Partito democratico, il Consiglio dei ministri del 1 maggio, convocato per approvare il “decreto lavoro”, “sarà l’occasione in cui il governo esibirà la carota di un taglio temporaneo del cuneo fiscale, che mette una piccola pezza, per qualche mese, alla voragine della perdita del potere d’acquisto dei salari provocata dall’inflazione. È lo stesso governo che con il Def invoca la moderazione salariale, non mette un euro sul rinnovo dei contratti pubblici e non si impegna a sollecitare il rinnovo dei contratti privati scaduti per più di 6 milioni di lavoratori. Ma, nascosto nel decreto, ci sarà il bastone dell’ulteriore aggravio della precarietà del lavoro, attraverso la facilitazione all’uso e abuso dei contratti a termine, fino a 24 mesi, con la collaborazione di associazioni sindacali non rappresentative, le stesse che firmano i contratti pirata, o con quella dei consulenti del lavoro, che non sono certo un organismo di rappresentanza”.