Che strane creature gli uomini, al loro passaggio distruggono quasi ogni cosa del mondo naturale che li circonda devastandone equilibri millenari, poi cercano di porvi riparo in maniera approssimativa e quando i nodi vengono al pettine la colpa è degli animali che non si adattano. Ma questa volta il guaio è serio, un ragazzo di 26 anni è morto mentre correva per i boschi della Val di Sole, il responsabile materiale è l’orsa JJ4, tra gli oltre 100 plantigradi che oramai affollano (incontrollati?) quel territorio.

Premetto che se l’affibbiare il nome ad una bestia, specie se domestica, può avere un significato affettivo per chi glielo attribuisce che poco attiene alla natura ed alle caratteristiche dell’animale, quella sigla fatta di lettere e numeri ricorda, invece, luoghi di segregazione e morte di altri tristi periodi. Ma non è questo il problema che invece riguarda il fatto che l’orsa è stata catturata ed imprigionata e la pena comminata è la morte anche se differita dal tribunale amministrativo.

Provo a rinverdire qualche reminiscenza scolastica: la pena di morte (solo per gli essere umani) è stata di fatto abolita dall’entrata in vigore della Costituzione il 1° gennaio 1948 e l’ultima condanna a morte fu eseguita il 4 marzo 1947 in provincia di Torino; rispetto poi al diritto penale italiano gli elementi soggettivi del reato da cui la pena deriva e che ne graduano l’intensità sono il dolo, la colpa e la preterintenzione.

L’orsa incriminata non ha ucciso né per dolo, né per colpa né per preterintenzione e di attenuanti applicate al caso (quale quella di essere un animale che si difende dal pericolo con i mezzi di cui dispone) non vi è traccia, per non parlare della funzioni preventiva generale e speciale della pena, già così poco efficaci per il genere umano, in quanto è da dubitare che la comunità degli orsi del Trentino, una volta appreso dell’avvenuta esecuzione della collega possa con ciò desistere da qualsiasi ulteriore violenza nei confronti degli umani e ancor meno se ne avvedrebbe l’orsa, soprattutto se giustiziata.

In ogni caso, più di tanto non è lecito scherzare con i concetti, perché un runner di 26 anni è morto, l’orsa aveva già aggredito ed è sicuramente pericolosa per cui bisogna impedirle di uccidere ancora, mentre la vita di un essere umano vale di più di quella di un orso, eppure la stupenda famiglia del ragazzo ha esplicitamente richiesto che la soppressione non debba avvenire per vendetta, laddove ragioni diverse dall’estrema rivalsa nella eventuale esecuzione capitale dell’animale non sembrerebbero essercene.

Invece di una soluzione estrema che scontenta tutti, che non restituisce alla vita chi non c’è più e che appare palesemente ingiusta, siano quindi le istituzioni e gli enti che nel tempo hanno sbagliato più volte nello sconsiderato ripopolamento del territorio come nella mancata attenzione alle delicate relazioni tra uomini e animali a farsi carico dell’orsa che non può più tornare nel proprio ambito, garantendone una sopravvivenza controllata e priva di rischi per gli altri, anche quale diretto monito al fatto che la natura va sempre rispettata e non alterata a piacimento per interesse o per gioco.

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