Nuovo picco nelle spese militari. Il 2022, secondo le stime diffuse dall’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (Sipri), è stato un nuovo anno record con 2.240 miliardi di dollari complessivi spesi per il settore della Difesa. E ciò che più conta è che il dato non è influenzato solo dal conflitto in Ucraina: come dimostra, ad esempio, l’ennesimo aumento di investimenti nel settore da parte della Cina, si è di fronte a una corsa al riarmo causata dalle nuove tensioni sparse per il mondo.
Analizzando il dato complessivo, si assiste a una crescita percentuale non di poco conto, viste le cifre globali: +3,7%, che in valori assoluti vuol dire un aumento di 127 miliardi di dollari in un anno. Come scrive in un comunicato Rete Italiana Pace e Disarmo, una cifra superiore addirittura a quella che sarebbe necessaria ogni anno a mitigare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici.
In cima alla classifica di chi spende di più per la Difesa ci sono sempre, con grande distacco, gli Stati Uniti che, con i loro 877 miliardi di dollari, hanno registrato un incremento dello 0,7% rappresentando il 39% della spesa militare globale. Il triplo rispetto al secondo Paese: la Cina. Pechino continua nella sua politica di rafforzamento del settore della Difesa, spinto dalle nuove sfide globali e dalle tensioni che la preoccupano, in particolar modo nell’Indo-Pacifico e nello Stretto di Taiwan. Così, per il 28esimo anno consecutivo fa registrare una crescita decisa del 4,2%, portando la spesa a 292 miliardi, circa il 13% del totale mondiale.
Come dimostra il caso cinese, non è solo l’Ucraina a influenzare l’aumento della spesa, ma sicuramente il conflitto alle porte dell’Europa è un fattore cruciale per leggere i dati riguardanti il 2022. Non a caso sia Mosca che Kiev fanno registrare incrementi importanti. La Federazione, già terza potenza globale, ha infatti aumentato gli investimenti per la produzione di armi e tecnologie militari del 9,2%, arrivando a quota 86,4 miliardi di dollari. Dati completamente sballati, invece, per quanto riguarda il Paese di Volodymyr Zelensky che arriva addirittura all’11esimo posto a livello globale. Normale, se si pensa che l’Ucraina non è, come la Russia, una potenza militare e che si è ritrovata improvvisamente coinvolta in un conflitto contro un gigante come Mosca che ha invaso il suo territorio. Da questo deriva l’incremento del 640% della spesa.
Non solo (ovviamente) l’Ucraina, la Russia o gli Stati Uniti, principale sostenitore della causa di Kiev. Anche l’Europa ha risentito del conflitto alle porte, fornendo, seppur in quantità ben più ridotte rispetto a Washington, il proprio sostegno in materia di armamenti. Così, nel complesso, i Paesi del Vecchio Continente hanno aumentato la propria spesa di ben il 13%, più di Mosca: si tratta del più grande incremento annuale nella regione dopo la fine della Guerra Fredda. L’Italia, comunque, rimane in controtendenza rispetto al resto del continente, dato che secondo il Sipri fa registrare un lieve calo. Dato che è in disaccordo con quelli forniti dalla Nato, che parlavano di una situazione di equilibrio sostanziale, e con quelli di Mil€x, addirittura di un lieve aumento.
I numeri pubblicati dal Sipri hanno provocato la reazione immediata delle organizzazioni che si spendono per il disarmo che sottolineano l’incongruenza tra la necessità di sempre maggiori investimenti in ambito ambientale e gli aumenti senza sosta in quello militare. Tutto questo, dicono, “è incoerente con gli sforzi per raggiungere gli obiettivi essenziali di emissioni e aggraverà, non arginerà, l’emergenza climatica. La guerra e i conflitti armati non portano solo morte e distruzione, ma anche devastazione dell’ambiente e distruzione del clima”.