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Sudan, evacuati gli italiani: anche l’ambasciatore Tommasi. Tajani: “Sono rimasti alcuni volontari di Emergency e missionari”

Via dal Sudan. I violenti scontri che sono in corso nel Paese dallo scorso 15 aprile tra l’esercito regolare e il gruppo paramilitare delle Forze di supporto rapido (Rsf) ha imposto ai cittadini stranieri, comprese le sedi diplomatiche, di lasciare il paese. Italia, Spagna, Germania e altri paesi europei nonché gli Usa hanno portato via o stanno terminando le operazioni di evacuazione. “Tutti gli italiani che hanno voluto lasciare il Sudan lo hanno fatto, sono stati trasferiti a Gibuti, nel Paese sono rimasti alcuni volontari di Emergency e alcuni missionari” ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani arrivando al consiglio affari esteri. “Rientreranno in Italia con un volo dell’aeronautica militare verso le 18.30-19 all’aeroporto di Ciampino”, ha aggiunto. “Stanno tutti bene, voglio ringraziare chi ha partecipato a questa operazione difficile”.

Domenica notte, come informa il ministero degli Esteri, si è conclusa “la prima fase dell’evacuazione di cittadini italiani dal Sudan, colpito in questi giorni da un violento conflitto armato. Grazie a un’operazione coordinata dall’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri, con assetti della Difesa e il supporto dell’intelligence, sono stati messi in sicurezza oltre 100 connazionali, fra cui il personale diplomatico. Con il volo di un C130 dell’Aeronautica militare e un secondo volo di un AM400 spagnolo sono stati trasferiti a Gibuti 105 cittadini italiani e 31 stranieri, fra cui cittadini portoghesi, australiani, greci, britannici, svedesi“. “Sin dalle prime notizie degli scontri, il 15 aprile – ricorda il ministero degli Esteri – la Farnesina aveva attivato uno stretto coordinamento con la presidenza del Consiglio, il ministero della Difesa e le Agenzie di sicurezza per monitorare le situazione e valutare le opzioni a tutela dei cittadini italiani, che sono stati contattati individualmente dall’Unità di Crisi per verificare le loro condizioni. Alle prime ore di domenica 23 aprile, i connazionali sono stati fatti convergere presso la residenza dell’Ambasciatore d’Italia, Michele Tommasi. Questi ha coordinato l’organizzazione del convoglio che ha raggiunto l’aeroporto di Wadi Seyydna, situato a circa 30 km a Nord della capitale sudanese, unica via di uscita aerea essendo lo scalo internazionale di Khartoum inagibile perché danneggiato dai combattimenti. “In raccordo con altri Paesi europei e alleati, un ponte aereo internazionale ha permesso di raggiungere la base militare di Gibuti, dove i connazionali saranno ospitati. Il rimpatrio avrà luogo lunedì sera con volo dell’Aeronautica Militare. Il ministro Tajani ha seguito direttamente la pianificazione e l’operazione di evacuazione in stretto contatto con il presidente del Consiglio e il ministro della Difesa”. Tra gli evacuati c’è anche l’ambasciatore Michele Tommasi. “Apprezzamento per l’operazione efficiente, brillante e rapida che è stata compiuta in Sudan per i nostri concittadini”, è stato rivolto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al ministro della Difesa, Guido Crosetto.

La Spagna ha annunciato di aver evacuato circa 100 persone, tra cui 30 cittadini spagnoli e altri 70 di paesi europei e latinoamericani. Il ministero degli Esteri di Madrid ha detto in comunicato che un aereo militare ha lasciato Khartoum poco prima delle 23 (ora italiana) di domenica diretto a Gibuti. La Germania ha evacuato 101 cittadini tedeschi e loro familiari dal Sudan. Il ministero degli Esteri della Germania ha informato che il primo aereo militare che ha portato fuori dal Sudan i cittadini tedeschi è atterrato all’aeroporto di Berlino alle 6 e 15 di òunedì mattina dopo una tappa in Giordania. Un C-130 Hercules delle forze aeree olandesi è partito dal Sudan per raggiungere la Giordania, portando a bordo evacuati di varie nazionalità, tra cui cittadini dell’Olanda. Le autorità della Giordania, inoltre, hanno fatto sapere che 4 aerei sono atterrati all’aeroporto militare di Amman trasportando 343 giordani evacuati da Port Sudan.

“Proseguono le operazioni di evacuazione” dal Sudan “avviate a Khartoum” comunica una nota dei ministeri degli Esteri e della Difesa francesi. “Due nuove rotazioni sono state assicurate dai mezzi dell’Aeronautica tra Khartoum e Gibuti alla fine del 23 aprile e nella mattinata del 24, ogni volta con un centinaio di persone a bordo – precisa la nota – Hanno consentito di evacuare 388 persone, cittadini francesi che desideravano lasciare il Paese e anche un numero significativo di cittadini di altri Paesi, per lo più europei (di Germania, Austria, Danimarca, Finlandia, Grecia, Ungheria, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Romania, Regno Unito, Svezia e Svizzera) ma anche di Africa (Sudafrica, Burundi, Etiopia, Lesotho, Marocco, Namibia, Niger, Uganda, Rwanda, Sudan), America (Stati Uniti e Canada) e Asia (India, Giappone e Filippine)”. Parigi continua a lavorare per “garantire nuove evacuazioni” dal Sudan “quanto prima”. “È stato un weekend lungo, abbiamo lavorato per portare via le nostre persone dal Sudan ed è stata un’operazione di successo: centinaia di cittadini Ue sono fuori dal Paese, più di un migliaio di persone, ringrazio la Francia e saluto con favore gli sforzi comuni di molti Paesi. Ora – ha detto l’alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell arrivando al consiglio affari esteri – dobbiamo spingere per una tregua, non possiamo permettere che il Sudan imploda perché creerebbe scosse telluriche in tutta l’Africa”.

La situazione nel paese è drammatica. Il 69% degli ospedali che si trovano nelle aree di conflitto in Sudan ha sospeso i servizio e dei 79 nosocomi di base della capitale Khartoum e degli Stati federali coinvolti 55 non funzionano come segnala il sindacato medico “Ccsd” sulla propria pagina Facebook. I 24 ospedali di queste aree ancora “completamente o parzialmente operativi” (alcuni forniscono solo servizi di primo soccorso) sono però “minacciati di chiusura a causa della mancanza di personale medico, forniture mediche, acqua ed elettricità“, avverte il Ccsd segnalando che negli scontri fra esercito e paramilitari in corso da dieci giorni “sei ambulanze sono state attaccate” e “ad altre non è stato permesso di passare per trasportare i pazienti e prestare soccorso”. – In un rapporto di “aggiornamento” pubblicato la notte scorsa su Twitter, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) ha rilanciato come più recente bilancio di sangue in Sudan uno diffuso dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che, “al 21 aprile”, quindi venerdì scorso, contava “almeno 427 persone uccise e oltre 3.700 feriti a causa del conflitto” fra esercito e paramilitari. Quello stesso giorno la portavoce dell’Oms, Margaret Harris, in una conferenza stampa a Ginevra aveva segnalato 413 persone morte e 3.551 ferite negli scontri in Sudan iniziati il 15 aprile.