Nessun rinvio: mercoledì, ha confermato il vicepresidente Valdis Dombrovskis, la Commissione europea annuncerà la sua proposta ufficiale di riforma del Patto di stabilità. Le nuove regole sui conti pubblici rifletteranno uno sforzo di “bilanciamento”, ha detto il commissario lettone, per tenere insieme la “maggior flessibilità” data ai Paesi per gli aggiustamenti fiscali e “la trasparenza e uguaglianza di trattamento tra Stati membri” con benchmark numerici comuni. Ma è bastato il riferimento alla flessibilità per far salire sulle barricate il ministro delle Finanze tedesco, il liberale Christian Lindner, che in un intervento sul Financial Times avverte: “Il nostro obiettivo è rafforzare il Patto di stabilità e crescita, non indebolirlo. Abbiamo bisogno di più responsabilità” e bisogna “garantire rapporti debito/pil in calo“. La posizione dell‘Italia, che ha un debito/pil oltre il 144%? Nel Def il governo scrive di aver chiesto “l’adozione di un trattamento preferenziale per gli investimenti pubblici per contrastare i cambiamenti climatici e promuovere la transizione digitale (i due pillar del PNRR), nonché la spesa per la difesa derivante da impegni assunti nelle sedi internazionali”.

La proposta di Bruxelles arriverà in tempo utile perché i ministri dell’Economia possano confrontarsi sul testo già al consiglio informale in programma a Stoccolma il 28 e 29 aprile, mentre a fine giugno dovrebbe tenersi un Consiglio europeo ad hoc. Le nuove regole, aveva anticipato la Commissione a novembre, dovranno archiviare l’attuale requisito di un calo del debito pubblico del 5% all’anno negli Stati con indebitamento eccessivo (la regola ‘del ventesimo’ ampiamente disattesa), per passare a percorsi di aggiustamento concordati da ciascun Paese con accordi individuali con la Commissione sul modello del Pnrr per i percorsi della spesa primaria netta (quella escluse entrate una tantum, interessi o spese per disoccupazione). Prima però ci sarebbe un’analisi della sostenibilità del debito in base alla quale gli Stati sarebbero divisi in un gruppo di virtuosi e uno che presenta debito eccessivo. Una categorizzazione che Roma contesta, come si legge nel Def.

Berlino ha chiesto che i Paesi più indebitati taglino il debito di almeno l’1% all’anno e ha indicato vari altri criteri numerici relativi alla spesa e al saldo strutturale. Una riforma “è accettabile solo se apportiamo miglioramenti significativi al quadro. In caso contrario, non sarebbe opportuno modificare le regole”, scrive Lindner al quotidiano finanziario londinese, aggiungendo che “parametri di riferimento numerici comprensibili e comunemente concordati” sono “un requisito minimo per garantire rapporti debito/pil in calo e parità di trattamento” e occorre “una regola di spesa semplice e trasparente per la riduzione del disavanzo” e “disposizioni di salvaguardia per garantire un’effettiva diminuzione dei rapporti debito/pil”.

Criteri rigidi che appaiono in netto contrasto con il principio di maggior flessibilità e titolarità degli Stati sui propri conti pubblici. Difficilmente, dunque, l’impianto proposto dalla Commissione sarà quello. Si va verso un compromesso. Quello inizialmente ipotizzato da Bruxelles prevedeva un calo dello 0,5% annuo del debito nei Paesi in deficit eccessivo (oltre al 3% del Pil), con una clausola di ‘non differimento’ nell’aggiustamento nel quadriennio anche se la durata dei piani potrà arrivare fino a sette anni.

Le nuove norme dovranno essere approvate entro fine anno, prima che venga disattivata la clausola di salvaguardia che da inizio pandemia ha sospeso le regole del Patto fino a fine 2023.

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