Società

25 aprile, che tristezza sentire i politici esaltare la Resistenza mentre umiliano la Carta

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha abituato la nazione ai toni solenni. Per la Celebrazione del 25 aprile, le parole sono, come sempre, pietre. “La Repubblica italiana è fondata sulla Costituzione, figlia della lotta antifascista. Ora e sempre resistenza”. Il mito della Resistenza è duro a morire. Le stime del numero di partigiani sono variabili, ma al 30 aprile 1944 si pensa che tra GAP, SAP, gruppi ausiliari le forze della resistenza non abbiano superato le 25-30 mila unità. Nello stesso anno la popolazione italiana era di circa 45 milioni di abitanti, la grande parte fascisti dichiarati, collaborazionisti o sostenitori del regime.

Viene in mente allora sentendo i discorsi di queste ore la famosa vignetta di Andrea Pazienza, che raffigura il presidente Sandro Pertini osservare un gruppo di persone urlanti che abbattono una statua di Mussolini. “Come crolla il fascismo – sottotitola la vignetta – ‘succede il prevedibile’”. “In Italia, nessuno è mai stato fascista, anzi tutti sono stati sempre contro” e giustamente l’omino raffigurante il vecchio presidente Pertini che per venti anni aveva combattuto contro il regime esclama: “eh no troppo comodo cari miei!”.

Chiedere al presidente Mattarella un invito a fare i conti fino in fondo con la storia del Ventennio sarebbe verosimilmente troppo impegnativo. Il dibattito che appare sui media ogni anniversario della Liberazione, anno dopo anno, mostra però il peggio della nazione. Le più alte cariche dello Stato sono in prima fila a declamare il valore della Resistenza come fondamento della Costituzione, non solo sapendo benissimo che la lotta partigiana è stata un fenomeno di nicchia, ma anche che da almeno quaranta anni la Carta è strattonata, piegata, e umiliata, con il beneplacito degli stessi che ne esaltano ogni 25 aprile il valore fondativo.

Nell’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe sulla sanità pubblica, si parla di una crisi di sostenibilità senza precedenti delle politiche per la salute, con un servizio sanitario nazionale vicino al punto di non ritorno sprofondato nell’indifferenza di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni e che hanno trasformato il diritto alla salute, sancito dall’art 32 della Carta costituzionale, un privilegio per una minoranza, lasciando al loro destino i più poveri e fragili

La quota di persone che non trovano lavoro, un diritto garantito dall’art. 4 – continua a essere amplissima con le regioni del Mezzogiorno che registrano le peggiori performance d’Europa. I salari di ingresso negli ultimi trenta anni sono rimasti invariati, caso unico nel continente, con centinaia di migliaia di giovani che espatriano per trovare un’occupazione dignitosa e il numero di morti sul lavoro non accenna a diminuire nonostante morti e lutti continui.

L’art. 3 della Carta stabilisce che tutti i cittadini davanti alla legge ma anche qui trenta anni di riforme hanno creato un sistema di impunità legalizzata per i potenti che possono permettersi di pagare avvocati e penalisti, con le patrie galere sono pieni di poveracci e immigrati e vuote di persone danarose o a libro paga dei potenti.

Leggere i politici che da decenni governano il paese esaltare la Resistenza come base etica della Costituzione italiana lascia di fronte a questo quadro un senso di grande tristezza. Il discorso probabilmente più ambiguo e desolante sulla commemorazione che si è ascoltato in queste ultime ore è quello della prima ministra Giorgia Meloni che ha sentenziato che “i valori democratici vanno difesi ora in Ucraina”. Se come scriveva il compianto Norberto Bobbio, la Costituzione è il fondamento della democrazia bisognerebbe ricordare alla ineffabile premier che l’art. 11 sancisce che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione di controversie internazionali.

Dopo più di un anno di invio di armi all’Ucraina e la scomparsa totale dai radar della diplomazia mondiale dell’Italia, dovrebbe essere chiaro anche ai nostalgici dei ‘combattenti di terra, di mare e dell’aria’ del famoso discorso del 10 giugno 1940 che ogni giorno in più che passa la Costituzione italiana viene fatta oggetto di una violenza inaudita. “I morti per la libertà. Chi lo avrebbe mai detto Sono tutti sepolti”, scriveva Giorgio Caproni e questo dovrebbe essere il vero monito da ricordare agli italiani. Che non si ripetano mai più stragi di fratelli contro fratelli, di uomini e donne contro uomini e donne e che l’unico modo di celebrare la Liberazione è andare a firmare i referendum contro l’invio di nuove armi per protrarre in avanti la carneficina e di fare pressione in tutti i modi possibili affinché la diplomazia fermi la carneficina.

Trovare un accordo che metta fine alla guerra, la più grande delle tragedie umane, è il lascito più profondo della Resistenza, altro di questi tempi sono solo vuote parole al vento.