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Arriva la Barbie con la sindrome di Down, svolta epocale: “Così i bambini potranno imparare che ognuno è diverso”

E’ una svolta epocale nella storia della bambola più famosa al mondo, che segna una nuova tappa nella sua vita e in quella dei giochi delle bambine e, vogliamo aggiungere, dei bambini

di Simona Griggio

La Barbie tutta curve, shopping e giri in auto da corsa? Tranquilli. Già da un po’ di tempo se la deve vedere con le altre sue simili, diverse da lei perché ispirate alle realtà: più vere e autentiche, se pur di plastica. La nuova arrivata è la Barbie con la sindrome di Down, esempio di inclusione che mira a offrire ai bambini diverse rappresentazioni della bellezza: tutti possiamo essere fashion, tutti possiamo esaltare le nostre caratteristiche e volgerle al meglio. Tutti possiamo combattere lo stigma sociale che ancora circonda per ignoranza verso le diverse abilità. E’ una svolta epocale nella storia della bambola più famosa al mondo, che segna una nuova tappa nella sua vita e in quella dei giochi delle bambine e, vogliamo aggiungere, dei bambini. Quando Ellie Goldstein, la modella britannica affetta dalla sindrome, l’ha vista per la prima volta, si è commossa. E ha condiviso un messaggio importante su Instagram: “Quando ho visto la bambola, mi sono sentita così emozionata e orgogliosa”. Ha aggiunto: “Per me significa molto, i bambini potranno giocare con la bambola e imparare che ognuno è diverso”. Il dettaglio che salta subito all’occhio di questa nuova Barbie è la collana. Un ciondolo rosa con il simbolo che unisce tutta la comunità: rappresenta le tre punte del 21esimo cromosoma. Proprio il responsabile della sindrome di Down. L’abito che indossa ha i colori della giornata dedicata alla consapevolezza di questa specificità: il giallo e il blu.

Non c’è solo questo. Ogni dettaglio è stato studiato con un medico specialista. Il viso ha una forma più ritonda, le orecchie sono più piccole, il naso più piatto, gli occhi leggermente obliqui e a mandorla. Il corpo è più piccolo con un busto più lungo. Ma le caratterizzazioni scendono anche in dettagli meno evidenti: sul palmo c’è una sola linea (secondo la Mattel, la ditta produttrice, è una caratteristica ricorrente), indossa un plantare rosa alla caviglia che si intona bene al vestito decorato da farfalle e fiori. Ai piedi ha scarpe da ginnastica con la cerniera per rappresentare alcune difficoltà tipiche di questa condizione. Un’innovazione importante ma non una novità inattesa. La Barbie, “nata” il 9 marzo 1959 (il giorno della prima commercializzazione) era stata attaccata e criticata per la sua rappresentazione fisica: proponeva come modello un’ideale di bellezza irraggiungibile. Uno studio dell’Università del South Australia aveva spiegato che c’era una possibilità su centomila che una donna avesse le sembianze di una Barbie. Tant’è vero che esistono casi di persone che si sono sottoposte a diversi interventi chirurgici nel tentativo di raggiungere quell’idea di perfezione così patinata e artificiale. Vitino stretto, gambe chilometriche, seno abbondante, piedi piccolissimi, nasino e chioma fluente.

E poi quella sua vita così vacua, fatta di auto, piscine, villoni, viaggi, fidanzati bellissimi e shopping. Al massimo andava in camper per una vacanza alternativa o in roulotte. Insomma, Barbie è stata il simbolo dello status di ricchezza americano degli anni ’60, elettrodomestici tutti inclusi nelle sue casette gioco. La perfect girl che ha tutto. Potrebbe tranquillamente, con un salto temporale negli ‘80, entrare in una delle puntate di Beautiful come buona e ricca amica di Brooke Logan, pronta a prestarle vestiti e gioielli per presenziare ai cocktail organizzati dalla perfida suocera Stephanie Forrester. Perché un salto temporale? Dagli anni ’70 in poi, quando le donne hanno cominciato a emanciparsi, la Barbie non rappresenta più la società femminile. Da qui la battaglia di diverse organizzazioni per una bambola più in linea con la vita e gli obiettivi delle donne reali. Ma la vera innovazione, non solo di apparenza ma di consapevolezza e inclusione, arriva con la serie “Barbie Fashionistas”: la bambola con la protesi alla gamba, con gli apparecchi acustici, in sedia a rotelle. Nel frattempo Barbie si è evoluta per rappresentare tutte le bambine del mondo, con quattro tipi di fisico, sette tonalità della pelle, 22 colori degli occhi, 24 acconciature. Nel 2016 sono uscite Barbie Curvy, Barbie Tall e Barbie Petite.

Con la presentazione del nuovo modello, per il quale l’azienda ha lavorato a contatto con la “National Down Syndrome Society” perché fosse il più possibile in linea con le caratteristiche di una persona con la sindrome di Down, arrivano le dichiarazioni ufficiali della Mattel. Lisa McKnight, vicepresidente esecutivo e responsabile globale della linea Barbie spiega: “Il gioco con le bambole al di fuori dell’esperienza vissuta da un bambino può insegnare a capire e creare un maggiore senso di empatia. Il nostro obbiettivo è consentire a tutti i bambini di vedersi in Barbie, incoraggiandoli anche a giocare con bambole che non assomigliano a loro”. Parole accompagnate da quelle del presidente della società scientifica che ha collaborato al progetto, Kandi Pickard: “Questo significa molto per la nostra comunità, che per la prima volta può giocare con una bambola Barbie che ci assomiglia e ci che non dovremmo mai sottovalutare il potere della rappresentazione. È un enorme passo avanti per l’inclusione”. Arriva, con questa nuova Barbie, anche il coronamento del sogno della modella Ellie Goldstein, che in passato aveva auspicato: “La mia speranza è di continuare a essere un esempio per altre persone, di mostrare agli altri che possono entrare in questo settore e che i marchi di moda utilizzino altri modelli con disabilità”. La classica bambolona è ormai superata. O meglio, si deve confrontare con la realtà: magari uscire con il suo partner Ken creato apposta con la vitiligine. Oppure laurearsi per poter affrontare un colloquio di lavoro nello staff della Regina Elisabetta II, la Barbie che la Mattel ha creato in edizione limitata per il suo Giubileo di Platino.

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