Mentre io nascevo – 1944 – i partigiani morivano per regalarmi e regalarci la libertà. Per il 25 aprile non occorre proferire altisonanti parole, basta che ognuno di noi dica “sono antifascista”. Non comprendo come, ancora nel 2023, ci siano personaggi che occupano gli scranni più alti della Repubblica che non riescono a pronunciare la parola “antifascismo”. Siamo nell’era dell’intelligenza artificiale, ma evidentemente per alcuni l’intelligenza è un optional e nemmeno il ruolo istituzionale ha fatto scaturire in loro un ravvedimento operoso.
Ho speso la mia vita nel contrastare l’aberrante mostro mafioso, per tentare di dare al mio Paese sicurezza: il mio paradigma è rispetto della vita altrui; rispetto, senza se e senza ma, delle opinioni degli altri – compreso chi ha un colore di pelle diverso o professa una religione diversa. L’antifascismo è la pietra miliare della libertà a cui noi tutti dovremmo fare riferimento in ogni istante della nostra esistenza. Il 25 aprile 2023, nel giornale online ForlìToday, ho ricordato il partigiano forlivese 96enne – scomparso un paio di anni fa – Sergio Giammarchi detto “Rudanè” (arrotino).
Sergio, in occasione di un mio intervento per l’anniversario della strage di Capaci nel salone comunale di Forlì, (foto), volle stringermi la mano: ne fui onorato. Parimenti, ho ricordato anche gli altri partigiani forlivesi assassinati dal nazifascisti: Iris Versari, Arturo Spazzoli, Adriano Casadei e Sergio Corbari, tutti appesi – a mo’ di monito – ai lampioni di piazza Saffi di Forlì. Mia suocera mi raccontò che, mentre in bici si stava immettendo nella piazza e vedendo l’orribile scena, tentò di tornare indietro, ma i nazisti col mitra spianato obbligarono lei e gli altri cittadini di passare sotto i lampioni.
Concludo, ringraziando gli “Uomini e Donne della resistenza” che offrirono la loro vita per renderci liberi dall’occupazione nazifascista. Eterna gratitudine. Viva il 25 aprile!