Temeva che la Cassazione stesse per mettere il bollo alla sua condanna. Per questo motivo stava preparando la fuga. Un piano bloccato dai carabinieri quello di Salvatore Lauricella, figlio del boss del quartiere palermitano della Kalsa Antonio Lauricella, noto col soprannome di Scintillone. Il blitz dei militari dà un duro colpo al clan di Villabate, paese in cui Lauricella vive, già pesantemente colpito dalle indagini dopo le rivelazioni del pentito Francesco Colletti, ex capomafia del piccolo centro alle porte di Palermo. Oltre a Lauricella, i carabinieri del nucleo investigativo hanno fermato altre tre persone su disposizione del procuratore di Palermo Maurizio de Lucia: si tratta di Francesco Terranova, Giovanni La Rosa e Vito Traina. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione. Dall’inchiesta è emerso che negli ultimi anni il clan si sarebbe riorganizzato potendo contare sul contributo degli uomini d’onore tornati in libertà dopo aver scontato le condanne. In un’intercettazione, tra l’altro, Terranova meditava vendetta nei confronti di Stefano Lo Verso, collaboratore di giustizia: “Un pò di sangue glielo devo fare buttare però“, diceva.

Le indagini dei carabinieri sono partite da accertamenti su alcune estorsioni nei confronti di imprenditori locali. Richieste di pizzo che servivano a soddisfare le esigenze di sostentamento degli affiliati, soprattutto di quelli in carcere. I militari hanno scoperto che il clan tentava di riconquistare il consenso della popolazione con una “pacificazione” con gli imprenditori e i commercianti economicamente più fragili e il controllo della piccola criminalità e dello spaccio nel comune di Villabate. L’operazione di oggi dà quindi un quadro in linea con altre recenti inchieste fatte nel capoluogo: Cosa nostra non è rassegnata né sconfitta, ma impegnata, attraverso il continuo richiamo alle proprie “regole”, a riorganizzare le proprie fila “per proporsi sul territorio con maggiore credibilità e autorevolezza”, dicono gli inquirenti.

L’indagine ha subito un’accelerazione per il pericolo di fuga di Lauricella, che stava mettendo insieme una grossa somma in contanti e si preparava a far perdere le proprie tracce prima che la Cassazione rendesse definitiva la sua condanna per mafia. Intenzione provata, tra l’altro, da una conversazione intercettata tra due mafiosi che parlando di Lauricella dicevano: “Il 25 aprile gli vengono le crisi…questo latitante ora si butta“, diceva uno dei due. Il boss, lasciato il carcere dopo l’arresto, da Palermo si era trasferito a Villabate, circostanza che allarmava gli affiliati locali che temevano le ingerenze negli affari di un capo di peso come lui. “A Palermo puoi fare quello che vuoi, io ti voglio bene ma puoi andare a c..a largo”, diceva un uomo d’onore intercettato, riferendo una sua conversazione con Lauricella che era stato avvertito di rispettare gli equilibri locali.

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