Sylvia Gathoni Wahome, meglio conosciuta come QueenArrow, è una giocatrice professionista di Mortal Kombat e Tekken, nonché content creator proveniente da Nairobi, Kenya. Non si tratta di una persona qualunque, poiché oltre ad essere una player strabiliante, ha deciso di mettere i suoi studi di Giurisprudenza al servizio degli Esports in Africa, dove ancora non hanno trovato un loro spazio legislativo riconosciuto.
Non solo, Sylvia è stata inoltre inserita nella lista Forbes Africa 30 under 30 del 2022 ed ha parlato al Commonwealth Esports Forum, sottolineando che non si può parlare di Global Esports Federation o di #WorldConnected senza includere l’Africa nell’algoritmo.
È sempre un piacere poter conoscere giovani, forti donne dal settore Esports. Com’è nata la tua passione per i videogiochi e per gli Esports?
Ho iniziato ad interessarmi ai videogiochi da giovanissima, quando avevo 3 anni guardavo mio fratello e mio cugino giocare, in casa abbiamo avuto diverse console, finché non siamo riusciti a comprare il nostro primo PC che ci ha introdotti a giochi come Mortal Kombat, anche se avevo già giocato a Street Fighter sul PC di mio cugino (adoravo giocare nei panni di Rose!). Con l’arrivo della PlayStation 2 sono entrata nel mondo di Tekken, Tomb Raider e King of Fighters.
Ciò che più mi ha attratta del mondo dei picchiaduro erano queste donne forti e “cazzute”, come Sonya, Kitana, Christie e Ling Xiaoyu, grazie a questi personaggi ho continuato a giocare ai picchiaduro, fino al 2017 quando partecipai al mio primo torneo a Nairobi, l’East African Gaming Convention dove mi posizionai al quarto posto. Ho trovato l’esperienza di competere contro giocatori così forti davvero divertente e da quel momento ho deciso di intraprendere questo percorso per vedere fin dove potevo arrivare. In quel momento ho anche deciso di passare definitivamente a Tekken, grazie anzitutto alla community, ma soprattutto al fatto che rientrava più tra le mie “corde”.
Parlando di Tekken, sta per uscire il nuovo capitolo della serie. Cosa ne pensi?
Sono molto curiosa di giocare questo nuovo capitolo di Tekken, soprattutto spero abbiano seguito le orme degli sviluppatori di Street Fighter che hanno deciso di prendere in considerazione i feedback della community.
Da quello che ho capito hanno deciso di puntare su un gameplay più aggressivo rispetto ai precedenti capitoli, ma spero tengano in considerazione anche i giocatori con uno stile più difensivo, come il mio. Spero inoltre introducano una modalità “tutorial” per aiutare i nuovi giocatori a comprendere al meglio le meccaniche di gioco, rendendolo così meno frustrante in entry level rispetto ad altri titoli. È molto importante, soprattutto per spingere sempre più giocatori a giocare Tekken ed accrescerne la community.
Cosa ne pensi delle donne negli Esport? Pensi che vedremo mai una reale parità di genere nel settore?
Credo che gli Esports siano un settore che debba essere pensato davvero per tutti a prescindere dal genere, dalla razza o dal paese di origine. L’unico modo per rendere questo settore più inclusivo è riuscire a far comprendere nel profondo come le donne vengono trattate negli Esports, non solo comunicando il problema, ma far comprendere agli uomini (che sono la maggioranza in questo settore) quello di cui noi donne siamo davvero capaci.
Questo problema è ormai riconosciuto in tutto il mondo e riguarda tutte le minoranze, ma è la maggioranza che deve imparare a capire e comprenderne la gravità. Solo raggiunto questo traguardo ci si può unire e trovare una soluzione nel lungo termine. È inoltre importante e fondamentale che le community stabiliscano e rispettino dei codici di condotta che in qualsiasi modo non accettino e prendano provvedimenti nei confronti delle persone che non li rispettano.
Tu sei uno dei volti di Evnia, la nuova serie di periferiche progettate da Philips per il gaming, che messaggio vorresti comunicare attraverso questa partnership a chi segue gli Esports?
Diventare Brand Ambassador per Evnia è stata una vera sorpresa per me. Non mi aspettavo che un brand europeo guardasse alla regione Africana per cercare un ambassador, poiché l’Africa si ritrova spesso marginalizzata nel mondo del Gaming e degli Esports. Ma l’Africa è pronta per gli Esports, siamo pronti a dimostrare quello che sappiamo fare, lo siamo sempre stati, basta semplicemente darci una chance. Ci sono tantissimi giocatori di talento, ma spesso e volentieri nei circuiti Esport la regione Africana non viene nemmeno presa in considerazione.
Il genere picchiaduro sarà probabilmente uno degli “sport virtuali” proposti per le Olimpiadi in futuro. Pensi che ci sia una reale possibilità di vedere gli Esports alle Olimpiadi, considerato che quest’anno sono state organizzate le Olympic Esports Series a Singapore?
Credo che per il Comitato Olimpico le Esports Series siano un buon primo passo, ma la lineup dei giochi mi ha fatto decisamente storcere il naso, perché è evidente che non abbiano ascoltato i giocatori e le community. La realtà, secondo me, è che le Olimpiadi hanno più bisogno degli Esports di quanto gli Esports abbiano bisogno delle Olimpiadi. Il settore Esport ha già creato un suo ecosistema molto ben funzionante dove giochi come League of Legends riempiono gli stadi, ciò significa che le community sono già ben consolidate e che il fattore aggiunto che potrebbero dare le Olimpiadi sarebbe un riconoscimento anche dal mondo esterno, quello “mainstream” per intenderci.
Abbiamo già un nostro ecosistema, come ho detto, ed abbiamo già sponsor consolidati e Federazioni dedicate. In questo senso ciò che manca è una vera e propria Federazione Globale super partes che gestisca tutto il mondo Esports a livello regolamentativo ed amministrativo. So che esiste già la Global Esports Federation, ma forse servirebbe una Federazione che davvero ascolti le necessità, i problemi e le idee delle community Esports in tutto il mondo e così facendo, magari il CIO capirebbe quali sono i titoli giusti da proporre.