Ci sono due precedenti con incidenti parlamentari riguardanti i conti pubblici, in entrambe i casi con governi del centrodestra a guida Berlusconi, nel 2004 e nel 2011: quest’ultimo episodio portò alle dimissioni del governo dopo poche settimane. Il primo scivolone si registra il 9 novembre 2004: la Finanziaria è in Aula alla Camera e sul primo voto passa un emendamento delle opposizioni (191 a 184) che ne modifica i saldi. Sul banco degli imputati i troppi assenti, tra cui alcuni big dei partiti di centrodestra. La manovra fece comunque il suo iter incamerando i nuovi saldi modificati dall’emendamento di Antonio Boccia, un deputato della Margherita assai abile nella schermaglia parlamentare.
L’11 ottobre 2011, con il centrodestra in crisi politica per la scissione di Futuro e Libertà dal Pdl, la Camera bocciò l’articolo 1 del Rendiconto di Bilancio dell’anno precedente: il voto 290 a 290, che per i regolamenti di Montecitorio equivale ad un “no”. Il Rendiconto è un atto definito “puramente ricognitivo” dagli specialisti, senza il quale tuttavia è impossibile approvare anche il Bilancio di Assestamento dell’anno in corso. Ci fu un acceso dibattito tra costituzionalisti ed esperti, e alla fine il governo varò un nuovo Rendiconto con alcune piccole modifiche formali, che fu approvato dalla Camera l’8 novembre con 308 voti. Berlusocni prese atto di non aver più la maggioranza parlamentare (316 voti) e il giorno dopo salì al Quirinale per dimettersi.