Nella Toscana contaminata dal Keu è giunto il momento della resa dei conti tra cittadini ed istituzioni. Il Keu è il derivato del processo di essiccamento dei fanghi di depurazione dopo la concia; da Santa Croce sull’Arno, per una malintesa concezione di “economia del riciclo”, è stato sparso a migliaia di tonnellate lungo il territorio come materiale di riempimento per cantieri, strade e addirittura tracce per acquedotti. I siti più estesi, a Pontedera nel centro residenziale Green Park e dentro la Regionale 429, ma tanti altri rimangono tuttora ignoti. L’inchiesta che ha fatto emergere tutto – e che vede decine di indagati – è stata chiusa a novembre e ora il processo è nella fase dell’udienza preliminare. La Regione si costituirà parte civile. Il presidente Eugenio Giani ha annunciato lo stanziamento di 5 milioni nel bilancio di previsione più altri 8 nella prossima variazione. Al momento tuttavia non sono note le tempistiche di eventuali interventi di riqualificazione dei terreni avvelenati.
Nel frattempo la situazione si sta aggravando. Secondo quanto riportato dal giornale locale Il Cuoio in Diretta, studi dell’Università di Pisa hanno confermato che il cromo trivalente contenuto nel Keu, a contatto con umidità e acqua, subisce un mutamento dovuto all’ossidazione e diventa esavalente, cioè si trasforma in una delle sostanze più cancerogene in assoluto. “Il Keu – sono le conclusioni dello studio – contiene cromo nella forma trivalente al momento della produzione; il cromo trivalente è in fasi Fe-Cr e in idrossidi CrOOH tipo grimaldite; altri dati riportano che in presenza di ossigeno atmosferico e in condizioni alcaline il cromo trivalente del CrOOH si ossida ad esavalente; in questo stadio, il CrOOH presente è responsabile della mutazione del Keu da materiale inerte a sorgente di cromo esavalente; questo è confermato dagli esperimenti di invecchiamento: il CrOOH si forma nella fase di raffreddamento con acqua del Keu, dopo pirolisi e sinterizzazione”.
Comuni e Regione – che avevano procrastinato gli interventi tra ricorsi al Tar e Consiglio di Stato – sono in subbuglio. “I risultati emersi dallo studio – dice Irene Galletti, capogruppo del M5s in consiglio regionale – confermano le ipotesi peggiori sollevate da una popolazione che non si era accontentata delle rassicurazioni di amministratori e politici locali e regionali. Come si pensa ora di procedere per le bonifiche nei tredici siti già individuati e con quali tempistiche? Come attivarsi per individuare e bonificare anche gli altri che nessuno conosce, ma la cui esistenza è provata dal numero degli scarti prodotti in questi anni dal sistema conciario?”. “A fronte degli smisurati guadagni che i privati hanno incassato per questi ‘smaltimenti’ – conclude la consigliera d’opposizione – sarà con la fiscalità degli incolpevoli cittadini prelevata dalle casse della Regione o del Governo che si pagheranno le bonifiche? Giani risponda“.
Galletti riferisce anche il caso del Comune di Crespina-Lorenzana – sempre in provincia di Pisa, anche se più vicino all’entroterra livornese – dove Acque Spa ha piazzato inopportunamente il Keu proprio nel materiale di riempimento sulle tracce dell’acquedotto. La lista civica Orizzonte Comune, gruppo di minoranza nel consiglio comunale, denuncia: “Noi siamo l’unico comune ad aver utilizzato il Keu come riempimento di traccia di una linea in un acquedotto ad alta pressione. Basta un incidente lieve per ritrovarci il cromo esavalente nel bicchiere. Non c’è da indugiare un minuto di più, mentre si gioca al rimbalzo tra Comune e Acque spa. Occorre richiamare al dovere i sindaci, quali responsabili della salute pubblica. Prima rimuovere i veleni al più presto, poi rivalersi sui responsabili”.
Come già scritto, le analisi dell’Arpat del 2022 escludevano la contaminazione nei terreni sottostanti al materiale di riempimento, ma adesso il quadro è totalmente cambiato. Oltretutto, poco prima dell’annuncio da Pisa, l’agenzia regionale per l’ambiente aveva rilevato nel torrente Usciana – che scorre a valle del depuratore Acquarno, sempre nella zona di Santa Croce – nuove tracce di Pfas, molecole che il corpo umano non riesce a smaltire e che rimangono permanenti nell’ambiente al centro di una annosa battaglia in Veneto, nei tribunali e nel confronto tra cittadini e istituzioni. Per Legambiente Veneto l’esposizione ai Pfas – impiegati dagli anni Cinquanta – per la produzione di numerosi prodotti, tra cui detersivi e il rivestimento antiaderente delle pentole in Teflon – “a lungo andare causa tumori ai reni, alla tiroide e ai testicoli”. A Santa Croce queste sostanze sono largamente impiegate per la concia e la loro nocività non è inferiore al cromo esavalente.
Nel frattempo nel cantiere del Green Park, a Pontedera – l’area vicina a case e impianti sportivi che risulta contaminata e sulla quale è in corso un braccio di ferro (nei tribunali amministrativi) per la bonifica – sono stati avvistati nei giorni scorsi una gru e alcuni operai protetti da tute bianche: è stato sollevato del terriccio ed è stato rimosso uno dei teloni protettivi. Un intervento breve: il cantiere è tornato nelle medesime condizioni di abbandono che preoccupano la cittadinanza. Francesco Rossi, ad della società, al Tirreno assicura: “Abbiamo tutto l’interesse a liberare l’area ma ciò non significa che ci sia remissività. Vedremo come si evolvono le cause”. La società – spiega il quotidiano – sta effettuando nuove analisi per capire come risolvere e a chi spedire il conto a cose fatte, visto che il Tar ha deciso che non spetta ai privati l’onere finanziario della rimozione. Ma sui tempi effettivi, niente di concreto.
Greenreport, quotidiano online specializzato in ecologia e sviluppo sostenibile, a gennaio riportava le dichiarazioni ottimistiche della Regione. Il presidente Giani – che nell’inchiesta sui rifiuti delle concerie è stato indagato e archiviato – assicurò che si stava “procedendo con determinazione alle bonifiche” parlando di una variazione di bilancio per 10 milioni (5 milioni sul 2023 e altri 5 sul 2024) “che si uniscono a 5 milioni già stanziati”. L’assessora all’Ambiente Monia Monni e il direttore dell’Arpat Pietro Rubellini assicurarono tra l’altro “che le contaminazioni non sono rapide e che si diffondono in poco tempo su superfici ampie. Abbiamo quindi tempo per stabilire i procedimenti di bonifica e messa in sicurezza”.
Finora solo l’aeroporto militare di Pisa è stato bonificato. Sempre nel capoluogo saranno spesi 580mila euro per l’area cosiddetta ex Vacis, nella zona di Porta a Mare, a carico però del Comune. La Regione aveva promesso attività di analisi e bonifica dei luoghi di competenza regionale, come la strada regionale 429, ma anche i due stabilimenti di trattamento rifiuti di Gello (vicino a Pontedera) e Bucine (in provincia di Arezzo). In assenza di allacci all’acquedotto, tuttavia, i pozzi intorno alla regionale continuano ad essere esposti alla contaminazione – come denuncia Samuela Marconcini di Assemblea No Keu – per cui dopo le conclusioni dell’ultimo studio la bonifica è una priorità. Al momento non sono pervenuti dettagli sui tempi effettivi. E quali di queste riguardino specificatamente il Keu.