Dopo aver emesso la sentenza che mette la parola fine alla vicenda della cosiddetta Trattativa Stato-mafia, la Cassazione ha diffuso un comunicato stampa per illustrare il contenuto della sua decisione. “La Sesta sezione penale della Corte di cassazione ha emesso in data odierna sentenza definitiva nel processo n. 39038/2022 nei confronti di Bagarella ed altri”, si legge nell’incipit. “La sentenza – prosegue la nota della Suprema corte – ha confermato la decisione della Corte di assise di appello di Palermo nella parte in cui ha riconosciuto che negli anni 1992-1994 i vertici di Cosa nostra cercarono di condizionare con minacce i Governi della Repubblica italiana (Governi Amato, Ciampi e Berlusconi), prospettando la prosecuzione dell’attività stragista se non fossero intervenute modifiche nel trattamento penitenziario per i condannati per reati di mafia ed altre misure in favore dell’associazione criminosa”.
La nota della Cassazione – E fin qui diciamo che la nota stampa fa la mera cronaca degli eventi. “Nei confronti di tutti gli imputati era stato contestato il reato di minaccia ad un corpo politico dello Stato (art. 338 cod. pen.). La sentenza, riqualificato il reato nella forma tentata, ha dichiarato la prescrizione nei confronti di Leoluca Bagarella e Antonino Cinà in relazione alle minacce ai danni dei Governi Ciampi e Amato, essendo decorsi oltre 22 anni dalla consumazione del reato tentato”. Per quanto riguarda la responsabilità degli ufficiali del RoS, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, prosegue la nota del Palazzaccio, “peraltro già assolti in appello sotto il profilo della mancanza di dolo”, viene negata “ogni ipotesi di concorso nel reato tentato di minaccia a corpo politico”. In pratica sono stati assolti per non aver commesso il fatto. “Per quanto riguarda la minaccia nei confronti del Governo Berlusconi, di cui erano accusati Marcello Dell’Utri e Bagarella – si legge ancora – la sentenza ha confermato quanto deciso dalla Corte di assise di appello di Palermo, che ha riconosciuto l’estraneità del primo e che ha dichiarato la prescrizione del reato nei confronti di Bagarella”.
Il dispositivo –La sentenza dei giudici è contenuta in un breve dispositivo in cui la corte riqualifica “il reato contestato nella forma tentata, annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Leoluca Biagio Bagarella e Antonino Cinà, in relazione ai fatti loro contestati come commessi ai danni dei governi Amato e Ciampi, perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione; revoca le statuizioni civili adottate nei riguardi di Bagarella e Cinà, rigettando nel resto i loro ricorsi”. La sesta sezione penale “annulla, altresì, senza rinvio la medesima sentenza nei confronti di Mario Mori e Giuseppe De Donno per non aver commesso il fatto, annullamento che, per l’effetto estensivo dei ricorsi proposti dai predetti, dispone anche nei confronti di Antonio Subranni, non ricorrente. Rigetta il ricorso della Procura generale presso la Corte di Appello di Palermo”.
Da chi è composta la sesta sezione –A emettere la sentenza è stata la sesta sezione penale, presieduta da Giorgio Fidelbo, uno dei giudici più esperti del Palazzaccio: classe 1957, in magistratura da quasi quarant’anni, ha lavorato al ministero della Giustizia dal 1993 al 2001, ricoprendo il ruolo di capo dell’Ufficio legislativo sotto i governi di centrosinistra, quelli guidati da Romano Prodi, da Massimo D’Alema e il secondo esecutivo di Giuliano Amato. Fidelbo è il giudice che nell’ottobre 2019 annullò le condanne per 416-bis a Salvatore Buzzi e Massimo Carminati nel processo “Mondo di mezzo“, nato dalla maxi-operazione battezzata Mafia capitale proprio per la contestazione dell’associazione di stampo mafioso a molti degli imputati: il collegio presieduto da Fidelbo cassò l’impostazione accusatoria giudicata valida in Appello, riqualificando il reato in associazione per delinqueresemplice. Tra gli altri magistrati che si sono espressi c’è poi anche Pietro Silvestri, che della sentenza su Buzzi e Carminati fu consigliere relatore, cioè colui che materialmente scrisse il verdetto. Compito che invece sul processo di Palermo toccherà a Fabrizio D’Arcangelo. Gli altri giudici che compongono il collegio sono Orlando Villoni e Emilia Anna Giordano.