Il gruppo Eni, controllato al 30% dal Tesoro, ha chiuso i primi tre mesi del 2023 con un utile di 2,9 miliardi di euro, in leggero calo rispetto ai 3,2 dello stesso periodo del 2022. L’utile operativo (differenza tra ricavi e costi della produzione prima degli adempimenti fiscali) è stato di 4,6 miliardi di euro rispetto ai 5,1 del gennaio-marzo 2022. Il profitto ante imposte spiega Eni, “evidenzia una marginale riduzione rispetto al primo trimestre 2022 (-5%), nonostante la significativa contrazione dei prezzi delle materie prime energetiche (petrolio -20%; gas naturale -42%)”. La produzione è rimasta sostanzialmente invariata. Sono state riviste in meglio le previsioni sul 2023 il risultato operativo e il flusso di cassa sono attesi rispettivamente a 12 miliardi e a oltre 16 miliardi, “in miglioramento rispetto alle previsioni iniziali a scenario costante”, precisa la società. Dopo la diffusone della trimestrale Eni perde in borsa circa l’1,3%. Lo scorso marzo Eni ha pagato la terza rata del dividendo 2022 di 0,22 per azione. La quarta tranche di 0,22 per azione sarà pagata a maggio 2023. Alla guida della società il ministero dell’Economia ha da poco confermato Claudio Descalzi che rimane quindi amministratore delegato.
“Eni ha conseguito eccellenti risultati operativi e finanziari nonostante l’indebolimento dello scenario, grazie alla solidità del settore esplorazione e produzione che evidenzia il recupero della produzione d’idrocarburi, e al risultato di assoluto rilievo del settore gas/lng”, ha affermato Descalzi , confermando “le previsioni 2023, e grazie alla solida posizione finanziaria e alle nostre flessibilità operative”, e “alla prossima assemblea annuale degli azionisti di maggio il piano già annunciato di incremento del dividendo 2023 a 0,94 euro per azione e l’avvio del programma di buy-back da 2,2 miliardi”. “Abbiamo avuto risultati ottimi, in linea con il piano industriale che abbiamo annunciato e siamo molto soddisfatti perché, prevedibilmente, anche sull’aumento del dividendo, come ha già dichiarato anche l’amministratore delegato, siamo perfettamente in linea con soddisfazione per il mercato”, afferma la nuova presidente Eni, Lucia Calvosa. Se confrontate con i primi risultati degli altri big del settore quelli di Eni non sembrano però nulla di eccezionale. La statunitense Exxon ha messo a segno il miglior bilancio trimestrale di sempre con un utile netto di 11,4 miliardi di dollari. In salita anche i profitti della concorrente Chevron hanno raggiunto i 6,6 miliardi di dollari.
Eni pagherà circa 500 milioni di euro di tassa per gli extraprofitti alla fine di giugno. Lo ha ricordato il direttore finanziario Francesco Gattei nella conference call con gli analisti sui risultati del primo trimestre di quest’anno del gruppo energetico. Le imposte straordinarie sui profitti erano state calcolate in 1,7 miliardi di euro, di cui un miliardo già pagato nel 2022. Ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha risposto in Parlamento all’interrogazione sull’andamento della tassa sugli extraprofitti delle compagnie energetiche. La tassa prevede un prelievo del 50% sugli utili, qualora superino di almeno il 10% la media dei profitti degli ultimi 4 anni. Si tratta di un imposta concepita per compensare i benefici che le società energetiche traggono da fattori eccezionali come la guerra in Ucraina redistribuendo una parte dei guadagni aggiuntivi alla collettività “In merito alle entrate connesse al contributo, a titolo di prelievo straordinario, posto a carico di produttori, importatori e rivenditori di energia elettrica e di gas, nonché di prodotti petroliferi, ricordo che il gettito dei versamenti effettuati da circa 220 soggetti è stato pari nel 2022 a 2,7 miliardi di euro”. Le stime iniziali di gettito per un tributo introdotto dal governo Draghi superavano però i 10 miliardi l’anno.