“La lettura delle corpose e approfondite sentenze che hanno motivato la condanna all’ergastolo non lascia spazio a perplessità”. Lo scrive, a proposito della strage di Erba dell’11 dicembre 2006 per la quale sono stati condannati Olindo Romano e Rosa Bazzi, in una nota il procuratore di Como Massimo Astori in un lungo comunicato (5 pagine) con cui respinge le tesi del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser che – come ampiamente noto – ha chiesto la revisione del processo sulla quale si dovrà pronunciare la procuratrice generale Francesca Nanni prima di un eventuale invio al tribunale competente di Brescia. Astori si rivolge frontalmente a Tarfusser sottolineando nella nota che le espressioni del sostituto pg “contengono accuse di condotte abusive e illegittime se non di veri e propri reati a carico di magistrati della procura di Como, a distanza di 16 anni dai fatti, senza giustificazione alcuna“. Astori è il pm che nel processo di primo grado ha sostenuto l’accusa in tribunale e nel comunicato ricorda che la responsabilità penale di Romano e Bazzi è stata affermata nei tre gradi di giudizio previsti dal codice di procedura penale. “I giudici – ha ricordato Astori – hanno espresso valutazioni ampiamente positive delle prove raccolte dalla pubblica accusa e hanno accolto integralmente nei tre gradi di giudizio le richieste del pm”.

Il procuratore Astori sottolinea che “non stupisce che le difese intendano legittimamente riproporre nuove iniziative giudiziarie, né ovviamente che gli organi di informazione svolgano il loro prezioso servizio”, né stupisce “che ci si annuncino nuove prove difensive, in realtà riletture di materiale già ampiamente analizzato e prive di qualsivoglia elemento di novità”. Peraltro, aggiunge il magistrato, “stupisce che la proposta di revisione, frutto dell’iniziativa individuale di un sostituto procuratore generale della Procura generale presso la Corte d’appello di Milano (l’ufficio che a suo tempo aveva chiesto la conferma delle condanne all’ergastolo nel giudizio di appello), sia stata rapidamente ed integralmente divulgata, prima della sua trasmissione all’autorità competente a valutarla e prima di un suo eventuale uso processuale”.

Il procuratore facente funzioni di Como, che nel processo di primo grado rappresentò l’accusa contro i coniugi Romano, si dice stupito che l’atto di Tarfusser si “menzioni la collaborazione delle difese e il ricorso a non meglio precisate ‘fonti aperte’“e che nel documento “siano contenute espressioni quali: ‘contesto che definire malato è un eufemismo’ (riferito alle indagini), ‘condanna pronunciata in conseguenza di falsità in atti’, uso pesante di fonti di prova come ‘grimaldelli per convincere i fermati a confessare'” e che contenga contestazioni “‘al limite della correttezza… metodi o tecniche idonee a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare al capacità di ricordare e di valutare i fattì o si parli di ‘manipolazioni da parte dei carabinieri'” e altre frasi simili. Espressioni che “contengono accuse di condotte abusive ed illegittime, se non di veri e propri reati, a carico di magistrati della Procura di Como, a distanza di 16 anni dai fatti, senza giustificazione alcuna”.

Più nel merito Astori ricorda che “le confessioni della strage sono state dettagliate sino alla descrizione di ogni minimo e più atroce particolare, accompagnate da ‘ulteriori e decisive prove emerse… ognuna delle quali, anche da sola, avrebbe potuto condurre ad un giudizio di piena responsabilità degli imputati”, come riporta la sentenza di primo grado della corte d’Assise di Como, “spontanee, coerenti, e non indotte da suggerimenti od altro, ritrattate senza alcuna ragione o prova convincente, se non con una scelta difensiva diversa”, non certo frutto di pressioni (ipotesi che ‘ha trovato secca smentita in pubblico dibattimento’, corte d’Assise di Como)”. “Le confessioni agli inquirenti – continua Astori sono state inoltre seguite, nei mesi successivi, da ulteriori dichiarazioni confessorie a più interlocutori e persino da appunti manoscritti contenenti chiare ammissioni vergati da Olindo Romano” e datati 4 aprile 2007, 5 maggio 2007, 12 giugno 2007, 23 agosto 2007, 4 settembre 2007, 6 ottobre 2007 (più altri quattro senza data) e da una lettera. Scritti “minuziosamente analizzati” in primo e in secondo grado. “La ritrattazione – prosegue il procuratore – è stata il frutto di un cambio di strategia processuale. Non si è trattato di ‘una decisione dovuta ad un ripensamento complessivo, ma ad un completo cambio di strategia, sembra – questo sì – indotto da altri” scrive il magistrato. “Lo stesso Olindo Romano – conclude Astori – aveva scritto ‘Gli avvocati vogliono rispondere anche loro con la carta stampata, troveranno penso un giornale che abbracci la nostra causa ma hanno chiesto se voglio scrivere qualche pezzo anch’io che poi verrà pubblicato – seminare dubbi, incertezza, caos nella stampa che ci è contro e agli imbecilli colpevolisti‘”.

Per concludere, insomma, Astori sottolinea che “nel corso delle tre fasi di giudizio, svolte nel pieno rispetto delle garanzie processuali e con la costante partecipazione della difesa, i giudici hanno più volte affermato la correttezza dell’operato del pubblico ministero e dell’Arma dei Carabinieri, che, nella fase delle indagini preliminari, hanno raccolto prove materiali, documentali, dichiarative, scientifiche e logiche incontestabili (non certo le sole confessioni); l’irrilevanza delle argomentazioni di segno opposto”.

Ricorda Astori che la Procura di Como, in questi 16 anni, dal giorno del delitto “si è consegnata a un doveroso quanto rigoroso silenzio, guidata dal rispetto della legge, delle parti processuali e degli stessi condannati. La Procura auspica che altrettanto rispetto sia adottato, nelle forme e nei contenuti, da tutti coloro che si accostano a questa drammatica vicenda, al cui fondo rimane il profondo dolore di chi ne è stato colpito”. La procura di Como “tutelerà comunque, nelle sedi e con le forme opportune, l’immagine dell’Ufficio, a difesa dei singoli magistrati e della loro correttezza professionale” e lo fa pubblicando sul sito della procura lariana le sentenze di condanna della corte d’assise di Como del 26 novembre 2008, della corte d’assise d’appello di Milano 20 aprile 2010 e della Corte di Cassazione del 3 maggio 2011.

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