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Ivan Cattaneo in manicomio dopo il coming out: “Rivelai la mia omosessualità e il medico mi spedì alla neurodeliri di Bergamo”

È una vita piena di incontri straordinari quella di Ivan Cattaneo, così intensa e speciale che ha deciso di raccontala in un libro e forse anche in uno spettacolo teatrale

di Francesco Canino

Pasolini gli ha rubato un fidanzato, Battisti gli diede un pugno, il pittore Francis Bacon lo cacciò urlando dal suo studio. È una vita piena di incontri straordinari quella di Ivan Cattaneo, così intensa e speciale che ha deciso di raccontala in un libro e forse anche in uno spettacolo teatrale. L’iconico cantante dell’Italian revival ora fa il pittore, nella sua vita c’è meno spazio per la musica e i concerti ma non per l’arte, come racconta in una lunga intervista a Repubblica, tra episodi surreali e altri più dolorosi, come quando finì alla neurodeliri dopo aver confessato la sua omosessualità.

IVAN CATTANEO IN MANICOMIO DOPO IL COMING OUT – Ivan Cattaneo ammette di aver sempre avuto un temperamento artistico, sin da piccolo, cosa che gli ha creato problemi in famiglia. “I miei erano delle brave persone, ma pensi la Bergamasca negli anni Sessanta. Papà era contadino e tassista nel paese, Pianico, accanto all’Iseo. Era stato prigioniero degli inglesi a El Alamein, aveva sempre in bocca le parole ‘Montgomery’ e ‘Rommel’”. Tutto cambia quando decide di rivelare la sua omosessualità: “Mamma sì, era modernissima, non ebbe problemi ad accettare il mio orientamento sessuale, ma fece l’errore di parlarne al medico di famiglia, che mi spedì per un anno alla neurodeliri di Bergamo”, confessa. “Nessun trauma, ai tempi non c’erano neanche le parole per definire certi sentimenti”. Siamo alla fine degli anni ’70, dichiararsi gay era un “quasi un atto rivoluzionario, eri una pecora nera” ma al tempo stesso anche una cosa “scintillante” che portava pubblicità. “Adesso le battaglie degli omosessuali sono per la pensione di reversibilità. E con tutto questo sono per ogni diritto civile, sia chiaro. A parte l’utero in affitto che svilisce la donna”, provoca Cattaneo. Che critica poi Rosa Chemical a Sanremo: “Cosa voleva dimostrare esibendosi così a Sanremo? Non sa quanta gente l’ha fatto sui palchi italiani e mondiali nei decenni passati? E la risposta è no, non lo sa, perché anche il look adesso è tutto studiato, non crea stupore e neanche scandalo”.

QUANDO PASOLINI GLI RUBÒ IL FIDANZATO – Nell’intervista a Repubblica critica ferocemente Marco Pannella – “sosteneva i diritti dei gay senza il coraggio di dichiararsi tale” – e il leader radicale diventa il pretesto per parlare di Pier Paolo Pasolini, che ebbe modo di conoscere e di frequentare. E del quale conserva un brutto ricordo a causa di un uomo. “Avevo un fidanzato bellissimo, Francesco, monzese. Lui me lo rubò facendogli fare la comparsa nel film Salò. Uno dei tanti episodi che mi conferma quel che ho imparato dell’amore dopo 70 anni”, confessa. Per il cantante, oggi l’amore è una trappola: “Gli etero hanno l’abbaglio di continuare la specie, io ho perso tempo con gente assurda che mi ha distolto dal lavoro, sennò sarei stato Sinatra, o quasi”.

GLI INCONTRI INDIMENTICABILI CON BATTISTI E BACON – Imprevedibile come sempre, Cattaneo racconta di quell’incontro con Lucio Battisti che si trasformò in scontro. Un importante discografico, Nanni Ricordi, lo mise sotto contratto e gli produsse il disco d’esordio Uoaei, “roba di avanguardia, inascoltabile”. Ricordi lo porta con sé in studio da Battisti, che gli fece ascoltare le prime incisioni di un nuovo disco e gli chiese un parere. “Io, giovane e sfrontato, dissi che era troppo disco music e che lui voleva fare il Barry White dei poveri. Lui mi prese, mi mise su uno sgabello al centro della sala di incisione e fece partire la musica. Poi mi disse ‘Ma tu devi sentire quanto colpiscono basso e batteria, senti?’ e ci aggiunse un violentissimo cazzotto in pancia che mi fece rotolare a terra”. Non andò meglio con il pittore Francis Bacon, conosciuto nei due anni vissuti a Londra. “Era un maiale, ma non in quel senso lì. Aveva uno studio-stanzone lastricato di colori tempere oli, lercio che non ha idea. Diventammo amici perché sono di Bergamo, da dove – diceva – veniva una sua zia. Poi un giorno calpestai un tubetto di vernice che schizzò fuori, lui disse che avevo sporcato tutto e mi cacciò in malo modo”.

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