Il 14 maggio sarà una data decisiva per la storia della Turchia. A cento anni dalla nascita della Repubblica, gli elettori sono chiamati a rinnovare il Parlamento e ad eleggere il prossimo presidente. I principali sfidanti per il posto di capo di Stato sono Recep Tayyip Erdogan, leader del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) da vent’anni alla guida del paese, e Kemal Kılıçdaroğlu, segretario della formazione repubblicana di ispirazione kemalista (chp). Ad aspirare alla carica di presidente sono anche altri due politici, Muharrem İnce e Sinan Oğan, le cui possibilità di vittoria però sono decisamente basse, stando ai sondaggi delle ultime settimane. La sfida dunque sarà tra Erdogan e Kılıçdaroğlu, due uomini molto diversi tra di loro sia caratterialmente che politicamente, con visioni differenti sul futuro della Turchia e sulla gestione stessa del potere. Gli ultimi sondaggi fanno emergere l’indecisione dei giovani e un lieve vantaggio per il presidente in carica. Secondo la rilevazione realizzata da al-Monitor e Premise Data, l’11.3% dei giovani non ha ancora deciso per chi votare e il sostegno a uno o all’altro candidato sarà certamente determinante nel momento in cui a separare Erdogan e Kılıçdaroğlu sono solo pochi punti. Sempre secondo al-Monitor, il presidente uscente dovrebbe ottenere il 45.2% delle preferenze, contro il 44.9% del leader del Chp. Il risultato delle elezioni, dunque, non è per nulla scontato e anche una manciata di voti potrebbe essere decisiva per il futuro della Turchia.
La Turchia di Erdogan – Il presidente uscente, leader dell’Akp, è al potere ormai da più di venti anni. Il suo primo mandato da premier risale infatti al 2002 e ha già ricoperto per due volte la carica di presidente, dal 2014 ad oggi. Il Consiglio elettorale supremo però gli ha permesso di ricandidarsi per quello che sarebbe a tutti gli effetti un terzo mandato, in violazione quindi del limite imposto dalla Costituzione, iniziando a contare i suoi incarichi dal 2017 in poi, anno della riforma costituzionale che ha trasformato la Turchia in una repubblica presidenziale. A sostenere la candidatura di Erdogan è ancora una volta il partito di estrema destra nazionalista Mhp, ma in questa tornata elettorale il presidente uscente ha deciso di allearsi anche con Huda-Par, il partito di estrema destra curdo-sunnita, e con il Nuovo partito del benessere (Yrp) di Fatih Erbakan, figlio del mentore dell’attuale presidente e leader dell’islam politico Necebettin Erbakan. L’Huda-Par è l’erede dell’Hezbollah turco (che non ha alcun legame con Hezbollah sciita del Libano), ed è noto per aver seminato il terrore nelle comunità curde di sinistra alla fine degli anni Novanta; l’Yrp invece è temuto da una parte della società turca per le sue posizioni particolarmente misogine. In cambio di questa alleanza, Fatih Erbakan ha chiesto a Erdogan di cancellare la legge n. 6284 che tutela le donne contro la violenza di genere e previene il fenomeno delle “spose bambine”.
Nel suo programma elettorale, però, Erdogan ha volutamente tralasciato questo dettaglio, promettendo invece un futuro radioso ai suoi elettori. Nello specifico, il presidente uscente si è impegnato a ridurre l’inflazione e i costi dell’energia grazie al nuovo giacimento di gas del mar Nero e alla centrale nucleare appena inaugurata; ad accrescere l’export e il turismo; ad offrire una serie di agevolazioni agli studenti, alle famiglie e alle fasce della popolazione più indigenti. A chi è stato colpito dal terremoto del 6 febbraio, invece, ha promesso nuove abitazioni entro la fine dell’anno. Il rafforzamento dell’economia e una maggiore indipendenza sul piano energetico sono anche utili per perseguire una politica estera più assertiva e che permetta al presidente di accrescere il ruolo della Turchia nello scacchiere internazionale. Per raggiungere questo obiettivo Erdogan ha anche intenzione di continuare a puntare sulla Difesa, un settore ampliamento sostenuto dal presidente e che ha registrato un’importante crescita negli ultimi anni. Con grande soddisfazione del leader turco, che ha giocato la sua campagna elettorale anche su droni, jet, elicotteri e portaerei realizzati interamente o quasi dalle industrie nazionali.
Kılıçdaroğlu e il Tavolo dei sei – Principale sfidante di Erdogan è Kemal Kılıçdaroğlu, segretario del Chp del 2010 e candidato del cosiddetto Tavolo dei sei, formato da partiti che vanno dal centro-sinistra alla destra nazionalista. Considerato un uomo dai toni pacati e conciliatori, Kılıçdaroğlu non è un politico particolarmente carismatico ma è riuscito a conquistarsi la fiducia degli elettori proprio grazie ad un carattere e a uno stile di vita molto diversi rispetto al presidente uscente. In Turchia è anche noto con il nome di “Gandhi turco” per aver organizzato nel 2017 una “Marcia della giustizia” in risposta all’arresto per motivi politici del suo vice, Enis Berberoglu. In quell’occasione Kılıçdaroğlu ha percorso a piedi 450 chilometri andando da Ankara a Istanbul e organizzando diversi comizi durante il suo cammino grazie ai quali è riuscito ad aumentare la sua popolarità.
La mancanza di carisma però aveva inizialmente messo in pericolo la sua leadership all’interno della coalizione, anche se alla fine tutti i partiti del Tavolo lo hanno accettato come loro candidato. I vice di Kılıçdaroğlu, in caso di vittoria, saranno due personaggi popolari dell’opposizione: il sindaco di Ankara, Mansur Yavaş, e il primo cittadino di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, entrambi del Chp. A sostenere la candidatura di Kılıçdaroğlu, seppur indirettamente, è anche il partito filo-curdo Hdp, che ha deciso di non presentare un proprio esponente per la carica di presidente. A unire tutti questi partiti è il desiderio di mettere fine all’era Erdogan e di ritornare al sistema parlamentare, ripristinando l’equilibrio tra poteri dello Stato e garantendo ai cittadini quei diritti che Erdogan ha invece sempre più ridotto. Tutte misure che dovrebbero avvicinare la Turchia all’Europa e consentire la riapertura del tavolo delle trattative per l’adesione di Ankara all’Unione. Sul piano economico, Kılıçdaroğlu ha promesso invece una maggiore ortodossia e l’abbandono delle politiche monetarie imposte da Erdogan, ripristinando anche l’autonomia della Banca centrale. In politica estera, invece, il leader dell’opposizione promette un riavvicinamento alla Nato, pur mantenendo un rapporto «bilanciato e costruttivo» con la Russia e continuando a mettere al primo posto gli interessi nazionali.
Gli altri candidati e i sondaggi – A contendersi la carica di presidente sono anche Muharrem İnce, ex leader del Chp e fondatore del Partito della patria, e Sinan Oğan, per lungo tempo membro dell’Mhp e sostenuto da una coalizione di partiti di destra nazionalisti. Nessuno dei due raggiungerà percentuali particolarmente significative, ma la loro indicazione di voto per un eventuale secondo turno potrebbe determinare l’esito delle urne. İnce, attestato intorno all’8%, sta avendo particolare successo tra i giovani, la fascia di popolazione in cui si registra ancora il maggior numero di indecisi.