Le zoonosi sono un fenomeno naturale col quale la specie umana convive da millenni, ma l’aumento della popolazione mondiale, il surriscaldamento globale, l’intensificazione della produzione alimentare e il sempre più stretto connubio uomo-animale hanno aumentato l’incidenza di alcuni patogeni. In questi anni abbiamo imparato quanto, alla base di una pandemia, ci sia la stretta relazione tra uomo e animali, sia domestici che selvatici, che condividono l’ambiente in cui vivono creando un ecosistema fatto di nuovi equilibri.
Al tramonto degli anni ’60, il segretario di stato americano William Seward dichiarò a tutto il mondo che l’epoca delle malattie infettive poteva ritenersi chiuso. Ma così purtroppo non è stato: dal 1980 ad oggi (dall’Hiv in poi, la prima pandemia del mondo globalizzato) quasi 40 sono stati i virus e i batteri che si sono resi responsabili di uno spillover tra più specie animali e quindi a potenziale rischio pandemico. E nel 70% dei casi le zoonosi originavano dal mondo animale prima di arrivare all’uomo.
La diffusione di malattie zoonotiche emergenti (Coronavirus, Ebola, West Nile, Nipah virus, highly pathogenic avian influenza – HPAI – viruses) o riemergenti (morbillo, malaria, tubercolosi, epatite), così come le zoonosi trasmesse dai vettori e la resistenza antimicrobica, dimostrano le complesse interazioni tra esseri umani, animali ed ecosistemi in cui vivono.
Questo porterà l’uomo a rivedere la sua interazione con il mondo animale e speriamo a comprendere di esser parte di un unico ecosistema. Non è un caso se ormai da anni si parla di One Health (salute unica tra uomo, animale e ambiente) quale topic di discussione in molti forum internazionali e modello di cooperazione per promuovere interventi cross-settoriali tra enti come FAO, OIE e WHO.
La One Health enfatizza le interconnessioni esistenti tra la salute dell’uomo e degli animali: in questo contesto il mentore è anche e soprattutto il medico veterinario che lavora nelle Università, negli enti di ricerca, nelle Asl o negli Istituti zooprofilattici. Egli non si occupa solo del benessere animale o della tutela e della salubrità del cibo che mangiamo, ma soprattutto della sanità di prevenzione e della salute pubblica in generale.
È pertanto fondamentale costruire tra medicina umana e animale processi di ricerca e di sorveglianza epidemiologica che valorizzino la relazione uomo-animale e ambiente. L’uomo deve farsi carico dell’animale di cui si nutre e col quale convive in maniera sempre più stretta. Il solo modo per contrastare le prossime pandemie e, in una sempre migliore convivenza, preservare la ‘salute unica’.