Da un lato c’è la finestra più famosa e fotografata di Napoli, quella del murales di Diego ai Quartieri Spagnoli, in quello che è stato ribattezzato Largo Maradona e che con la morte del ‘Pibe’ è diventato un luogo di culto, un altare al campione venerato e visitato ogni giorno da migliaia di turisti e napoletani. Dall’altro lato della finestra invece c’è semplicemente il bagno di casa Vitiello. Qui ci abita Ciro con la sua famiglia. Vive nel quartiere, ha una piccola salumeria e in zona lo conoscono tutti. E lo ringraziano. Si perché tutto il culto che si è creato in questo scorcio di Napoli è possibile anche grazie a lui. Quello che altrove potrebbe sembrare strano, quasi oltraggioso, a Napoli riesce invece a diventare poesia, memoria collettiva, espressione di una città in cui il sacro e il profano coesistono senza stranire. “Ciro, il signore che abita lì, quella finestra la tiene sempre chiusa – racconta una signora anziana ad una turista che ha appena scattato una foto – notte e giorno, così le persone possono farsi la foto”. E in effetti Ciro la finestra non la apre mai, anche perché se lo fa, può succedere che lo chiamino anche in piena notte. “Qualche sera fa – ci racconta divertito – era di sabato, saranno state le due di notte, sento urlare il mio nome da giù e quando mi sono affacciato c’era un ragazzo del quartiere che fa il tassista e aveva a bordo 5 argentini che volevano fare una foto al murales, ho chiuso subito la finestra, a me dispiace se le persone ci rimangono male perché non sono riusciti a vedere il murales e anche se ultimante è diventato quasi impossibile con il via vai che c’è ad ogni ora, per me è un’orgoglio avere il volto del più grande di sempre fuori la mia finestra”.
Un volto che però non è stato sempre così. Come pure il quartiere. Il murales fu dipinto dall’artista Mario Filardi (scomparso nel 2010) attraverso una colletta popolare in occasione del secondo scudetto, quello del ’90. Poi vennero gli anni bui del calcio Napoli e di pari passo con le vicende che fecero sprofondare il club in serie C quel murales fu abbandonato. Negli anni perse il colore e subì l’affronto più grande quando la vecchia inquilina, abusivamente, mise una finestra proprio dove c’era il volto di Diego. Giù invece, nello spiazzale antistante sorse un parcheggio, abusivo. “Quando sono venuto ad abitare qui la finestra già c’era – ci spiega Ciro – un oltraggio che io non avrei mai commesso. E quando mi è stato proposto di restaurare il murales ho detto subito di sì, ero felicissimo, ma no solo per me, per tutta la città”. L’idea di restaurare l’opera venne all’artista Salvatore Iodice nel 2016. “Chiesi prima alla madre di Filardi il permesso di ‘toccare’ l’opera del figlio scomparso pochi anni prima – racconta Iodice – volevo restituirgli il colore, ridargli vita e restituirgli anche quel suo piccolo primato di essere uno dei primi murales d’Italia così grande, raffigurato su un palazzo, dedicato ad un calciatore”.
L’anno successivo l’opera di Iodice viene ulteriormente ritoccata. “In città nel 2017 c’era l’artista argentino Francisco Bosoletti che era ospite di alcuni residenti del quartiere – ci dice Iodice – lo convinsero a dipingere un volto ‘più umano’ e più fedele alla reale immagine di Maradona”. Il parcheggio di macchine è sparito e oggi quella nata come un’iniziativa popolare è diventata tappa obbligatoria per le guide turistiche, anche se spesso sono i semplici cittadini che passando si fermano a spiegare ai visitatori la storia del murales e della finestra. Ognuno ha un aneddoto, una storia da raccontare con orgoglio. Ma né Salvatore né Ciro potevano immaginare che con la morte di Diego, quel murales, riportato alla luce pochi anni prima sarebbe stato riconosciuto spontaneamente dai cittadini come un vero e proprio altare al calciatore più amato di sempre. Ancora oggi c’è chi viene qui e rende omaggio lasciando un cimelio, una sciarpa, una lettera. Ovviamente non va via a mani vuote, perché nel frattempo è sorta un’intera economia (legale e non) intorno a Largo Maradona e nei vicoli. Ci sono le bancarelle abusive ma ci sono anche numerose attività (pizzerie, ristoranti, bar, negozi di souvenir) che sono state aperte laddove 15 anni fa i turisti non si avventuravano nemmeno. “Il più grande miracolo del murales è stato quello di risollevare economicamente tutto il quartiere – ci spiega Salvatore Iodice – il turismo ha riportato vita in queste strade. Ma non è una questione che riguarda solo i tifosi, qui vengono migliaia di persone ogni giorno, non credo tifino tutti per il Napoli. Le persone vengono qui perché si percepisce la poesia che c’è in questo luogo. La poesia che ho percepito io quando ricalcavo l’opera degli anni ’90, quella del secondo scudetto – prosegue Iodice – la poesia di Ciro che lascia la finestra chiusa per i turisti ed è contento di stare chiuso in casa, la poesia nella signora anziana che racconta che aveva un negozio di vasi e cimeli vari e che alle dieci di sera di quel 1990 ha riaperto per fornire il vetro che poi fu usato per simulare l’orecchino di Diego nel murales, da giù forse non si vede, ma venne disegnato su un vetro così che fosse visibile se ti metti più lontano. Se non è poesia questa – conclude Iodice – non so cosa sia la poesia”.