Per Giorgia Meloni, che ha convocato i sindacati meno di 12 ore prima dell’approvazione del decreto Lavoro in programma per il primo maggio, le critiche dei sindacati sono “incomprensibili”. E anzi, poco prima del tavolo di confronto stabilito per domenica sera, la presidente del Consiglio provoca il segretario della Cgil Maurizio Landini: “Diseducativo lavorare il primo maggio? Allora niente Concertone”. Insomma, l’ostentato galateo istituzionale degli inizi sta finendo. Sembrano già lontani i tempi dell’invito al congresso della Cgil che si è celebrato solo un mese e mezzo fa. Ora da una parte la presidente del Consiglio e dall’altra il leader del sindacato si prendono il ring.

Ieri le critiche di Landini, oggi la risposta di Meloni. Per la premier le parole del segretario della Cgil sono appunto “incomprensibili”: “Io credo sia un bel segnale per chi come noi è un privilegiato, onorare con il nostro impegno, in questo giorno di festa, i lavoratori e le risposte che attendono. E vorrei ricordare al segretario Landini che il primo maggio ci sono molte persone che lavorano, dai camerieri ai medici, dalle forze dell’ordine fino ai tecnici che consentono lo svolgimento del concerto di piazza San Giovanni“. Anzi la capa del governo rincara la dose con una provocazione sull’evento più partecipato del Primo maggio, il Concertone: “Se Landini pensa davvero che sia diseducativo lavorare il primo maggio allora il concerto la triplice dovrebbe organizzarlo in un altro giorno. Noi non la pensiamo così e rispettiamo l’iniziativa della triplice, così come chiediamo rispetto per il nostro lavoro”.

Cos’è che ha fatto così arrabbiare la presidente del Consiglio? Landini da giorni sta criticando il decreto Lavoro sotto vari punti di vista. Ieri per esempio ha definito una “follia” indebolire lo strumento del Reddito di cittadinanza in un periodo di difficoltà delle famiglie. In serata, in tv, ospite delle Parole di Massimo Gramellini, ha ribadito anche che riunire il consiglio dei ministri nel giorno del Primo maggio è “un atto un po’ di arroganza e offesa” perché “per pensare ai lavoratori hanno tempo 364 giorni l’anno”. ”Addirittura ho sentito la premier dire che loro lavorano mentre altri fanno festa – dice ancora Landini – Credo che questo sia un modo sbagliato di affrontare, riconoscere e rispettare quelli che lavorano e, giustamente, hanno il primo maggio come festa”. Che, ha ricordato tra le altre cose, è una festività tornata nel 1947 ”quando si è abbattuto il regime fascista”. Quest’ultimo passaggio è stato tradotto dalla presidente del Consiglio come “diseducativo”. Critiche sono arrivate anche dal leader della Uil, Pier Paolo Bombardieri: “E’ un atto di propaganda”, ha detto. “Nel metodo: c’è un problema, il governo ci convoca stasera alla 19 su un decreto sul quale probabilmente non sarà possibile fare delle modifiche”, dice ospite di ‘Mezz’ora in più’ su RaiTre. Forse – ha aggiunto – è perché “da fastidio che la narrazione” il Primo Maggio, “sia fatta solo dai sindacati”: il governo “cerca di andare in concomitanza. E’ un atto legittimo ma è un atto di propaganda“.

Per la politica ha ribadito la sua contrarietà la segretaria dem Elly Schlein: “Siamo stufi”, ha detto da Ragusa, “di vedere le sacche di lavoro povero e precario che condannano le giovani e i giovani, specie al sud, a una precarietà insopportabile, che domani il governo di Meloni vuole aumentare ulteriormente rafforzando il ricorso ai contratti a termine ed estendendo i voucher, la forma più becera dei contratti di lavoro”. E ha chiuso: “Abbiamo bisogno di una salario minimo“.

Ma c’è anche il mondo cattolico che sta facendo sentire la sua voce, specie per protestare contro l’abolizione del Reddito di cittadinanza (come ha fatto il presidente delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani sul Fatto in edicola) e per un intervento urgente sulle retribuzioni. “Negli ultimi tre decenni i salari sono calati, mentre nel resto d’Europa salivano del 30% con oltre il 40% delle donne che hanno redditi da rischio soglia di povertà”, ha dichiarato in una nota il Vicepresidente nazionale delle Acli, Stefano Tassinari. “Per questo è urgente, prima di tutto penalizzare i ritardi eccessivi nei rinnovi dei contratti collettivi con un ritorno, per questi casi, della scala mobile”, ha aggiunto. “Insieme dobbiamo urgentemente attuare la Costituzione con un confronto tra le parti sociali che porti all’estensione a tutti dell’obbligo di applicare i salari minimi previsti dai contratti collettivi maggiormente rappresentativi. E questi obblighi devono essere estesi a tutte le catene di produzione, filiere, fornitori, appalti e Pa”. Invece, ha detto, “di fare “tagli e cuci” su tempo determinato e voucher, che rendono il lavoro stabile meno vantaggioso anche economicamente, si deve puntare sull’apprendistato collegato alla formazione professionale, non lasciando che questa resti scarsamente diffusa e mal finanziata. Il governo deve avere il coraggio di investire nella scuola con orientamento scolastico personalizzato e rimettendo al centro l’educazione”. Infine, “è urgente anche il rispetto delle clausole sociali previste dal Pnrr a vantaggio delle categorie svantaggiate, delle donne e dei giovani insieme ad una politica di accoglienza dei migranti perché negli ultimi 3 anni abbiamo perso 670.000 persone in età da lavoro e, con l’attuale crisi demografica, questi numeri sono destinati a moltiplicarsi”.

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