Alla fine i caroselli li hanno fatti a Salerno, dove l’aver rimandato la festa del Napoli è bastato per far esplodere la tifoseria rivale. Per 22 minuti, dopo 33 anni, la squadra di Luciano Spalletti ha toccato lo scudetto mentre il centro della città si riempiva ordinatamente con l’afflusso di decine di migliaia di tifosi. La vittoria dell’Inter in rimonta contro la Lazio aveva apparecchiato la celebrazione del terzo tricolore e con il gol di Olivera sembrava tutto pronto. Poi a 6 minuti dalla fine il gol di Dia che mette almeno tre giorni, più probabilmente quattro, di distanza tra gli azzurri e il trionfo. L’urlo della città è rimasto lì, strozzato in gola, ma è come se ai napoletani non fosse dispiaciuto più di tanto. Il distacco è così ampio dalle concorrenti che la matematica a Napoli è diventata un’opinione.

In città la festa è sostanzialmente infinita. Nella notte tra sabato e domenica, fino a notte fonda, in centro sono rimbombati cori e fuochi d’artificio. Giusto il tempo di un riposo e alle 9 è ricominciato il conto alla rovescia scandito da trombe, clacson, bandieroni e fantasie assortite. Ci sono gli spatriati che hanno approfittato del ponte per fare ritorno a casa e godersi una giornata potenzialmente storica, i turisti che si lasciano trascinare e partecipano al lungo avvicinamento alla partita contro la Salernitana. Via Toledo alle 11.30 è un lungo serpentone in festa. Molti bar e ristoranti piazzano i tavoli all’ingresso e decidono di fare solo servizio nei dehor esterni e d’asporto, in vista del possibile assalto pomeridiano. L’epicentro della festa mattutina, però, è Fuorigrotta. Attorno alle stadio Maradona, oltre ai 50mila fortunati che sono riusciti ad accaparrarsi un biglietto, ce ne sono altre migliaia, forse qualche decina in più, che sono arrivati solo per accompagnare la squadra verso il traguardo.

La stazione di Montesanto è presa d’assalto già a metà mattinata e la polizia è costretta a scaglionare gli ingressi e ad aprire i tornelli per evitare la ressa. I vagoni della linea Cumana viaggiano a fatica verso la fermata Mostra, complice anche il Comicon, ma tutto procede regolarmente. E fuori dallo stadio la febbre è altissima. Il primo boato è per il gol annullato all’Inter, ma dopo il vantaggio della Lazio ne arrivano tre veri. Alla rete di Robin Gosens per il 2-1 dei nerazzurri, Fuorigrotta esplode. Le linee dei cellulari sono intasate, ma qualche anziano previdente ha pensato bene di armarsi della vecchia e cara radiolina. E comunque dalla finestre delle case c’è sempre qualcuno che si affaccia per confermare il risultato. Boato dopo boato, mentre la squadra viene accompagnata nella pancia dello stadio da una scorta di polizia e scooter, tutta Napoli ha capito che il momento atteso è proprio lì, a un metro.

La maxi zona rossa allestita dalla Prefettura funziona a dovere. I carabinieri ai varchi scremano gli ingressi, mentre alle 15 il lungomare è deserto. Napoli trattiene il respiro. I capannelli sono tutti fuori dai pub, bar e ristoranti che trasmettono la partita. Gli uomini di Spalletti pressano, ma non sfondano. Eppure vuoi che Osimhen o Kvaratskhelia non buchino Ochoa? Così durante l’intervallo il centro si affolla. Una processione ordinata percorre via Toledo, inizia a riempire piazza del Plebiscito. A far esplodere Napoli però non è il piede di uno dei bomber ma l’eroe per caso Olivera. Adesso manca solo un centimetro.

Napoli non lo percorrerà perché la Salernitana pareggia a 6 minuti dal compimento di tutto. Ma non basta per far calare il silenzio. Cori, fumogeni e trombette sfiatano anche dopo il novantesimo. Anche se a Salerno sanno di aver servito la beffa perfetta. E nel giro di qualche ora è già pronto il meme che va il verso al film di Paolo Sorrentino: “È stato il piede di Dia”. Napoli sorride amaramente nella convinzione che, dopo aver aspettato 33 anni, non sarà qualche giorno in più a cambiare il corso degli eventi. La festa, più che rimandata, è stata prolungata. E parte un altro colpo alla tromba.

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