Voucher più facili soprattutto nel settore del turismo, dove già la giungla delle condizioni di lavoro è una vegetazione fittissima. Diminuzione delle tutele nei contratti a termine. Ridimensionamento degli assegni contro la povertà (comunque si chiamerà: il governo nelle bozze è al terzo nome diverso per ribattezzare il Reddito di cittadinanza). Nelle stesse ore in cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella faceva (di nuovo) appello a un lavoro dignitoso che comprende anche una paga proporzionata e contro un’occupazione precaria, il governo dava l’ultima sistemata alla sala del consiglio dei ministri in cui il Primo maggio approverà il Decreto Lavoro. Prima, cioè stasera, cioè con poco più di 12 ore di anticipo, ci sarà l’incontro della presidente del Consiglio Giorgia Meloni con i sindacati che già così ha tutte le sembianze di una comunicazione univoca che un confronto. Così un pezzo delle organizzazioni dei lavoratori ruggiscono, nel metodo e nel merito. Il segretario della Cgil Maurizio Landini dice: “L’idea che in un momento in cui aumentano le povertà, si taglia il Reddito di cittadinanza a noi sembra una follia”. Parla di “provocazione” la segretaria del Pd, Elly Schlein, riferendosi alla scelta del governo di varare il provvedimento proprio il giorno della festa dei lavoratori: un decreto “spot” che spinge il lavoro precario e non combatte il lavoro povero. Per il M5s sarà un “decreto precariato” (come lo definisce l’ex viceministra Alessandra Todde) dopo che già Giuseppe Conte aveva detto che il governo “soffia sul disagio sociale”.

Così la situazione, in una sintesi estrema, è che mentre la premier Meloni – tornando dal viaggio a Londra – assicura che “l’economia va bene” e che non bisogna fare “come Tafazzi“, rimbalzano le cifre sul potere d’acquisto delle famiglie che si assottiglia col passare delle settimane (con gli stipendi paralizzati) e ora il governo metterà mano anche alla solidità dei contratti e delle misure contro la povertà. Il governo dice di puntare su inclusione, formazione e occupazione, come dice la ministra del Lavoro Calderone (e come sta andando l’inclusione e la formazione si è visto in questi anni in cui i centri per l’impiego dovevano essere messi in condizione di funzionare).

5,4 miliardi nel 2024 per l’assegno di inclusione
Ricapitolando domani nel consiglio dei ministri arriverà innanzitutto la formalizzazione dell’addio al Reddito di cittadinanza. In queste ore si sono rincorse la nuova ondata di bozze da cui è emerso in prima battuta che il ministero ha abbandonato le sigle un po’ comiche di Gal e Gil e rinominerà il Rdc più semplicemente “Assegno di inclusione“. Nella sostanza, però, le modifiche resteranno in particolare sulle distinzioni tra beneficiari “occupabili” e “non occupabili. L’assegno sarà rivolto alle famiglie in cui sono presenti disabili, minori o over-60 e che potrà arrivare a 500 euro al mese, cui aggiungere 280 euro se il nucleo vive in affitto. Verrà erogato per diciotto mesi e potrà essere rinnovato, dopo lo stop di un mese, per periodi ulteriori di dodici mesi. Stretta del beneficio invece sugli occupabili: per loro farà il suo esordio lo Strumento di attivazione al lavoro dal primo settembre 2023, in cui la formazione con la partecipazione ai corsi diventa vincolante. Sarà di 350 euro e al massimo per dodici mesi, non rinnovabili. Per il nuovo strumento dell’assegno di inclusione il governo prevede l’autorizzazione di una spesa complessiva di oltre 5,4 miliardi di euro nel 2024 e oltre 5,6 miliardi di euro nel 2025 e 2026. Per la prosecuzione del Reddito di cittadinanza si prevede quindi una spesa di 384 milioni quest’anno, mentre per lo Strumento di attivazione al lavoro, che entrerà in vigore il primo settembre, è prevista una spesa di 276 milioni nel 2023 e di 2,1 miliardi nel 2024, spesa che poi scende negli anni successivi.

Taglio del cuneo salirà di 4 punti
Attesi, inoltre, una nuova riduzione del cuneo fiscale e più benefit aziendali detassati per i lavoratori con figli. Per il cuneo si parla di taglio ulteriore rispetto agli attuali 3 punti per i redditi fino a 25mila euro e 2 punti fino a 35mila: nell’ultima bozza si prevede che per cinque mesi salirà di quattro punti. All’articolo 34 si stabilisce come per i periodi di paga dal 1 luglio 2023 al 30 novembre 2023, senza ulteriori effetti sul rateo di tredicesima, la misura dell’esonero è elevata da due punti a sei punti percentuali per i redditi fino a 35mila euro e a sette punti per i redditi fino a 25mila euro. Il tetto dei fringe benefit detassati per i lavoratori dipendenti con figli a carico sale invece a 3mila euro. “Limitatamente al periodo d’imposta 2023 – si afferma – non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli a carico, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 3mila“.

Cancellato il regalo ai consulenti del lavoro
Poi c’è il capitolo contratti a termine di cui ilfattoquotidiano.it ha già scritto due giorni fa. Per carità di patria è stato tolto il regalo ai consulenti del lavoro – inseriti in un primo momento nelle commissioni di valutazione sulle causali dei contratti a tempo determinato -, incidentalmente proprio l’ordine professionale a cui appartiene la ministra del Lavoro. Ma il regalo è stato tolto togliendo tout court le commissioni di valutazione per cui le causali saranno affidate al confronto diretto tra datori di lavoro e lavoratori (mediati o non dai sindacati). In aggiunta ci saranno meno vincoli sulle causali per i rinnovi oltre l’anno (fino a dodici mesi non sono richieste).

Lo scontro con i sindacati
Sullo sfondo, appunto, il metodo per cui i sindacati vengono invitati quasi pro forma alla stretta vigilia del cdm che deciderà tutte queste cose. “Agli incontri ci andiamo” ma “è chiaro che essere convocati la domenica sera per un provvedimento che hanno già deciso e faranno il lunedì mattina non è quello che chiediamo”, dopodiché “valuteremo i risultati”, chiarisce Landini. E’ già in campo, come noto, la mobilitazione unitaria che vedrà Cgil, Cisl e Uil in piazza per tre volte di fila, di sabato e fino a fine maggio (a Bologna il 6, a Milano il 13 e a Napoli il 20), proprio per chiedere di cambiare le politiche economiche e sociali.

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