Resta in carcere Fadil Monir, il 27enne marocchino fermato giovedì per aver violentato una connazionale di 36 anni in un ascensore della stazione Centrale di Milano. L’uomo aveva sostenuto che la donna fosse consenziente, ma il giudice spiega che è “dirimente è l’esistenza di un video registrato dalle telecamere di sorveglianza dell’ascensore interno allo scalo ferroviario” , “prova documentale” della violenza. Dal filmato “sono stati acquisiti in atti anche i fotogrammi più significativi” e “smentisce in maniera inconfutabile la versione”. La vittima ha raccontato di essere stata trascinata nell’ascensore dopo i primi abusi nei giardinetti della stazione e di aver tentato di opporsi, ma l’uomo l’ha picchiata selvaggiamente.
Il video, è scritto nell’ordinanza “restituisce un contesto di totale sopraffazione di una donna indifesa, che l’indagato costringe, con impietosa ostinazione, a subire atti sessuali”. Contrariamente a quanto sostenuto dal fermato in sede di interrogatorio, “la persona offesa non è consenziente: appare spaventata, respinge ripetutamente l’indagato, piange, si accovaccia a terra per ostacolare la condotta del medesimo, viene colpita con schiaffi, cerca ripetutamente di suonare l’allarme, ma l’indagato glielo impedisce”. Il giudice, quindi, su richiesta del pm Alessia Menegazzo e dell’aggiunto Letizia Mannella, ha disposto la convalida del fermo e il carcere.
Monir, secondo il giudice per le indagini preliminari, ha mostrato “una personalità priva di freni inibitori, violenta e senza alcuna capacità di revisione critica e resipiscenza“. Nell’ordinanza il giudice annota come “la sequenza degli atti, la crudele ostinazione, la condotta successiva al reato e la callidità dimostrata in sede di interrogatorio” siano “sintomatici di una personalità priva di freni inibitori, violenta e senza alcuna capacità di revisione critica e resipiscenza”. Fadil, sottolinea il gip, non ha avuto “alcuna esitazione a screditare ingiustamente la vittima, pur di costruire una versione di comodo, con la quale pensava di poter neutralizzare le accuse a suo carico”. L’uomo aveva raccontato di rapporti consenzienti e di una conoscenza pregressa per questioni di droga. Tutto ciò “induce a ritenere, anche in considerazione delle sue condizioni di vita, che concretamente possa reiterare reati della medesima indole per appagare i suoi istinti sessuali”. Da qui la misura del carcere anche perché l’indagato è di fatto senza fissa dimora “e si muove agevolmente anche al di fuori del territorio italiano”, tanto che il 9 febbraio scorso era stato fotosegnalato.